Breve storia della totale incompetenza: gli ultimi 10 anni della Atlantic Division
Da oggi, per una volta a settimana circa, tradurremo in italiano alcuni articoli tratti da Grantland.com grazie al prezioso contributo di Giacomo Sauro
Da oggi, per una volta a settimana circa, tradurremo in italiano alcuni articoli tratti da Grantland.com grazie al prezioso contributo di Giacomo Sauro.
Grantland è uno dei siti più rispettati degli Stati Uniti, creato da Bill Simmons, ed indirettamente legato alla ESPN.
Questa è la traduzione "zero", per rompere il ghiaccio, e riprende un articolo di dicembre scorso dal titolo "A Brief History of Utter Ineptitude: The Past 10 Years of the NBA’s Atlantic Division", scritto da Jason Concepcion.
Essendo un articolo di dicembre i record delle squadre non sono aggiornati ed in alcuni punti potrebbe non essere attuale ma abbiamo comunque deciso di proporlo.
Nel novembre del 2003 il consiglio di amministrazione della NBA usciva da una sala piena di fumo con un progetto per riformare le varie division. L’obsoleto sistema a quattro gruppi, in cui la Atlantic, la Midwest e la Pacific Division avevano sette squadre ognuna, mentre la Central Division ne aveva inspiegabilmente otto, era stato accantonato.
La NBA tornava trionfalmente a Charlotte con l’innesto dei Bobcats (RIP), portando il numero di squadre a un rotondo 30 che permetteva una distribuzione geografica più sensata (vabbè con New Orleans nella Southwest!) con sei gruppi da cinque squadre l’uno. Queste avrebbero adesso incontrato quattro volte le compagne di division (due gare in casa e due in trasferta), tre o quattro volte le rimanenti squadre della propria conference e due volte le formazioni della conference opposta. I vincitori di ogni division sarebbero approdati automaticamente ai playoff nei primi tre posti della griglia, a seconda del record ottenuto in stagione regolare.
Secondo le cronache il consiglio di amministrazione avrebbe pensato a una riforma per affrontare l’evidente disequilibrio fra l’Est e l’Ovest, sulla scia della schiacciante vittoria degli Spurs sui New Jersey Nets nelle finali del 2003, considerate da molti le peggiori della storia. “Alla fine il comitato ha deciso all’unanimità che non sarebbe stata una buona idea”, ha detto al New York Times nel 2003 Russ Granik, vice Commissioner dell’epoca ora in pensione. “È stato considerato che questo tipo di situazioni sono cicliche, e non si può prevedere quale sarà una serie interessante”.
Queste situazioni sono senza dubbio cicliche. Purtroppo però questo ciclo somiglia più allo spostamento dei ghiacciai e alla nascita e morte dei pianeti piuttosto che all’alternarsi delle stagioni. Oggi il divario fra l’Est e l’Ovest è ai suoi massimi storici, e nessuna division rappresenta meglio l’abisso fra le due conference della disastrata Atlantic.
Nelle 10 stagioni complete disputatesi dai tempi della riforma la Atlantic Division ha concluso con una percentuale di vittorie superiore a .500 soltanto in una occasione: nel 2012-13, stagione in cui dei sorprendentemente brillanti Knicks con 54 vittorie hanno alzato la media del gruppo fino a una percentuale di .517. Questo dato fa impallidire ancora di più se si pensa che in queste 10 stagioni i Celtics hanno superato per ben due volte le 60 vittorie in regular season (una volta arrivando poi al titolo).
Nello stesso periodo la Southeast ha superato il .500 due volte; la Northwest e la Pacific cinque volte; la Central sei; e la Southwest, che ospita il Triangolo Texano, è andata oltre il .500 di vittorie ogni anno, due volte volando anche oltre il .600. Nel 2009-10 la Atlantic Division ha stabilito il record come peggior percentuale di vittorie per una division: mai nella storia della NBA aveva un gruppo totalizzato una media di .385. Nel dicembre 2013 il primato sembrava addirittura in pericolo; il gruppo trascinava la sua scalcagnata carcassa verso una media iniziale di .314, prima che, da metà stagione in poi, la rinascita dei Brooklyn Nets di Jason Kidd alzasse la media di division fino a un comunque scarno .421.
In questa stagione i Raptors sono 16-6 (29-15 ad oggi) e sembrano la pregiata ciliegina sulla torta marcia dei Nets, Celtics, Sixers e Knicks. La percentuale media di vittorie delle squadre della Atlantic senza il dinosauro nel logo è uno sconfortante .259. Siamo a una caduta nella doccia di Kyle Lowry dallo scrivere nuova storia NBA.
Come si è arrivati a questo punto? Facciamo un breve ripasso dei punti più bassi toccati dalla Atlantic Division negli ultimi dieci anni.
2004-05
Percentuale di vittorie della Atlantic Division: .478
I Celtics viaggiavano 16-20 dopo una sconfitta per mano dei Raptors a metà gennaio, quando Paul Pierce, sbagliando di poco, definiva quella Atlantic Division “la peggiore nella storia della NBA”. Non ancora, Paul! A gennaio il New York Times pubblicava un articolo sulla appena riformata NBA che esordiva così: “Quest’anno la Atlantic non è una divisione, è una sottrazione”. I Celtics avrebbero poi raddrizzato la nave in corso d’opera, ottenendo un record di 24-17 a partire dalla gara con i Raptors e siglando vittorie di prestigio contro i Suns della coppia D’Antoni-Nash, contro i Lakers e, dopo due supplementari, contro i Pistons post rissa, campioni NBA in carica. Avrebbero finito al commando del gruppo con 45-37, peggior record di sempre per una squadra vincitrice della Atlantic Division dai tempi della sua creazione, nel 1970-71. La squadra di Boston avrebbe poi perso contro i Pacers a gara sette nel primo turno dei playoff. In quella serie Pierce sarebbe stato espulso nei momenti decisivi di gara sei, con i Celtics avanti di uno, per un gomito sulla bocca a Jamaal Tinsley dopo aver subito un fallo sistematico. Alla conferenza stampa dopo la partita Pierce si sarebbe presentato con la parte bassa del viso e il collo fasciati alla bell’e meglio dicendo: “Questa è perché sull’ultima azione mi hanno massacrato la faccia”. Non stavi bene, Paul! Tre anni più tardi Pierce avrebbe vinto un titolo NBA, ed è tuttora considerato a ragione un talentuoso veterano con l’esperienza per vincere. Dubitate quando vi dicono che la reputazione di un giocatore è irrecuperabile.
2005-06
Percentuale di vittorie della Atlantic Division: .415.
Tutto quello che sarebbe potuto andare male per una squadra di basket professionistica andò effettivamente male per i New York Knicks nella stagione 2005-06. Il top scorer ed ex eroe dei playoff Allan Houston fu costretto al ritiro dagli infortuni al ginocchio. Houston aveva saltato 94 partite nelle precedenti due stagioni, appena dopo aver firmato, nel 2001, il tristemente noto prolungamento da 100 milioni di dollari per sei anni. La didascalia sotto un’immagine di Houston apparsa in un articolo sul suo ritiro su ESPN.com recitava: “Allan Houston sarà ricordato per le sue doti al tiro, per il suo carattere e per un contratto a nove cifre che ha azzoppato i Knicks”. Larry Brown, capo allenatore/probo viandante della rettitudine passò dal definire i Knicks il “lavoro dei miei sogni” all’azzuffarsi pubblicamente con il suo playmaker, la stella Stephon Marbury, insistendo poi per l’ingaggio di Steve Francis. I Knicks avrebbero superato il salary cap di 74,5 milioni di dollari, vinto solo 23 partite e dovuto cedere la propria scelta al draft 2006 a Chicago (che avrebbe usato per prendere LaMarcus Aldridge, seconda scelta assoluta) come conseguenza della trade che l’anno precedente aveva portato Eddy Curry a New York.
2009-10
Percentuale di vittorie della Atlantic Division: .385.
Il 4 dicembre, dopo uno sfolgorante inizio da 0-18 (il peggiore nella storia della NBA), i Nets vinsero la loro prima partita. Le partite in casa si disputavano nella desolazione dell’Izod Center, alias “La Palude”, che il Daily News etichettò come “l’arena più dimenticabile della NBA”. Sarebbe stata l’ultima stagione dei Nets all’Izod Center prima del trasferimento a Brooklyn, passando per Newark, e ciò, unito a un prodotto non proprio appetibile, creava durante le gare in casa una costante atmosfera di apatia quando non di aperta avversione. L’apice emotivo della stagione sarebbe arrivato nel marzo successivo, nel corso di una partita poi persa contro i Miami Heat che avrebbe fatto sprofondare i Nets a un record di 7-63. Durante il soporifero intervallo fra terzo e quarto quarto l’amministratore delegato dei Nets Brett Yormark aveva rimproverato un tifoso delle prime file che si era infilato un sacchetto di carta in testa. Il tifoso aveva risposto nel modo più Americano possibile: aveva estratto i biglietti dalla tasca e li aveva sventolati sotto il naso di un furioso Yormark. “All’inizio non mi ero reso conto di chi fosse, nonostante dicesse di essere il presidente dei Nets”, avrebbe detto il tifoso. “Ho pensato: ‘Aspetta un attimo, il presidente è Rod Thorn. Sta mentendo.’ Mi ha chiesto come mai avessi quel sacchetto e io sarcasticamente ho risposto che era perché i Nets giocavano troppo bene. A quel punto mi ha detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire”. PERCHÉ HAI SU QUEL SACCHETTO? PERCHÉ I NETS GIOCANO TROPPO BENE, ZIO. Yi Jianlian sarebbe partito in quintetto 51 volte. I Nets avrebbero concluso 12-70, con tre vittorie nelle ultime 10 partite che evitarono loro di battere il record come peggior regular season di sempre, detenuto dai Sixers 1972-73.
2013-14
Percentuale di vittorie della Atlantic Division: .422.
La prima stagione completa di Sam Hinkie come GM dei Sixers ci ha portato, e ha portato all’Atlantic Division, tutto il peso del tanking moderno, con la sua intricata, programmata, sviluppata e intenzionale bruttezza. La Atlantic, si è visto, è abbastanza avvezza alle squadre scarse. Tuttavia in quei casi la bruttezza derivava dall’incompetenza. I Sixers di Hinkie avrebbero invece rivoluzionato il paradigma dell’incapace intenzionale, accumulando risorse, scaricando soldi a lungo termine e trattando le scelte al draft come fondi comuni. I migliori giocatori in squadra sarebbero stati scambiati per degli scarti. Sette giocatori sui 23 che avrebbero giocato per i Sixers quell’anno non erano mai stati scelti al draft, mentre molti avevano passato un bel po’ di tempo nella D-League. I Sixers avrebbero giocato al ritmo più frenetico di tutta la lega (99,2 possessi per 48 minuti) per sfruttare al massimo l’inefficacia del peggior attacco in assoluto (99,4 punti ogni 100 possessi). Sarebbero stati in testa per percentuale di palle perse (14,8%) e avrebbero concesso agli avversari la percentuale reale più alta (.524). Sarebbero stati secondi per schiacciate concesse (356, o 4,34 a partita) e quarti per lay-up concessi (989, o 12 a partita). Nella stagione 2013-14 i Sixers avrebbero concesso circa 32 punti a partita solo in schiacciate e lay-up. In altre parole, tutto andò secondo i piani.
Di Giacomo Sauro