Rolling In The Deep: Charlotte Hornets
Analisi delle cause che hanno determinato il pessimo avvio degli Hornets, che da possibile outsider per la conquista del fattore campo nei PO si ritrova nei bassifondi della pessima Eastern Conference
Questo articolo inizia con una domanda: come può una franchigia che l’anno scorso è arrivata ai PO ed ha condotto un draft ed una free agency considerati ottimi avere un record di 4-14? Questo articolo cercherà di spiegarlo.
Innanzitutto un ruolo molto importante è giocato dalle assenze: con MKG che ha giocato solamente sei partite (mostrando interessanti progressi rispetto agli scorsi anni, analizzati più avanti) e la concomitante squalifica di Jeff Taylor, coach Clifford ha spesso dovuto improvvisare quintetti senza un 3 di ruolo, alternando in quella posizione Gerald Henderson e Lance Stephenson, quest’ultimo con Gary Neal promosso in quintetto, andando così ad acuire uno dei difetti strutturali più evidenti di questo roster ovvero la poca qualità della panchina. Con gli attuali problemi fisici di Neal e Williams, infatti, coach Clifford è costretto a ruotare solo 9 giocatori, tra l’altro di qualità non proprio eccellente (il sopracitato Henderson, Maxiell, Biyombo e Roberts ne sono esempi). Inoltre appare evidente una certa confusione del coach per quanto riguarda le rotazioni, con giocatori come Hairston ed Henderson che sono partiti diverse volte in quintetto ma hanno anche visto intere partite dalla panchina per scelta tecnica.
Ovviamente i problemi degli Hornets non sono esclusivamente legati agli infortuni ed alle rotazioni ridotte (o bizzarre); appare del tutto evidente che una squadra che tira con poco meno del 43% dal campo, il 31.8% da 3 ed il 72.9% in lunetta faccia molta fatica nel portare a casa le partite. Analizziamo alcune delle peculiarità dell’attacco degli Hornets:
-STATICITÀ DELL’ATTACCO : secondo Player Tracking gli Hornets sono quarti per numero medio di passaggi effettuati in ogni gara, però stazionano intorno alla ventesima posizione per quanto riguarda le “opportunità di assist per gara”
.
Questo dato è la semplice espressione di ciò che appare del tutto evidente guardando le partite degli Hornets, con un attacco in cui l’unica certezza è rappresentata dalle ricezioni in post di Jefferson. In questa situazione a mio avviso emergono alcuni limiti delle due guardie titolari che riescono ad esprimersi al meglio solo nelle situazioni in cui gli viene affidata la palla, col risultato che molto spesso le azioni offensive degli Hornets si traducono in una sterile circolazione di palla perimetrale finché uno tra Walker e Stephenson non decide di giocarsi l’uno contro uno in palleggio che, pur essendo una delle soluzioni offensive più cercate dai due, si rivela essere una scelta poco produttiva in quanto la difesa avversaria non è stata mossa a sufficienza in precedenza. A supportare questa tesi arrivano ancora una volta i dati, con le 8.8 penetrazioni di Walker che fruttano agli Hornets 9.1 punti e le 4.8 penetrazioni di Stephenson che portano 5.2 punti.
-INCOMPATIBILITÀ DELLE GUARDIE : come scritto sopra, la soluzione preferita dagli Hornets è la ricezione in post di Jefferson. Ma come si comportano le guardie? Sia Kemba Walker che Lance Stephenson preferiscono attaccare dal palleggio,come evidenziato dai dati che andrò ad illustrare. Walker nelle prime 18 partite ha tentato 5.6 pull up shots realizzati con un misero 28.7% (a fronte del non esaltante 36.7% dello scorso anno ma con 7.6 tentativi), contro i 3.1 tiri tentati in catch and shoot, quasi esclusivamente triple (2.7 tentate col 35.4%).
Per Stephenson il discorso non cambia, anche lui esagera con i tiri dal palleggio, 4.7 a sera col 32.9% ed anche lui tira poco e male in catch and shoot, 1.8 tentativi col 18.8%.
Proprio le statistiche sopra descritte sembrerebbero suggerire una soluzione che già dalla preseason appariva come la più efficace, ovvero cercare di ridurre sensibilmente i minuti sul parquet della coppia Walker-Stephenson utilizzando il secondo come sesto uomo a guida della second unit. Appare del tutto evidente, infatti, come Stephenson si trovi molto più a suo agio giocando da SG in coppia con uno tra Roberts e Neal o da SF con entrambi, ovvero due giocatori che sanno come mettersi in visione sulle penetrazioni (a volte folli) di Born Ready per poi punire sugli scarichi. Non è un caso, infatti, che considerando il net rating la coppia di guardie Waker-Stephenson sia una delle peggiori scese in campo per gli Hornets.
-DISTRIBUZIONE DEI TIRI : avere come prima opzione offensiva un centro come Al Jefferson, e come seconda e terza opzione le guardie di cui si è parlato sopra porta gli Hornets ad avere una distribuzione dei tiri piuttosto particolare. Infatti possiamo vedere che Charlotte è al venticinquesimo posto per conclusioni tentate nell’ultimo metro e mezzo, mentre è nelle prime cinque per quanto riguarda le conclusioni prese tra i 5 ed i 14 piedi ed al secondo posto per quanto riguarda le conclusioni tra i 15 ed i 19 piedi. Leggendo i dati si può facilmente vedere come le conclusioni tra i 10 ed i 19 piedi siano le meno produttive, infatti anche le squadre che prendono più tiri di Charlotte in quest’area (Lakers, Wizards e Knicks) stanno faticando nel mettere la palla nel cesto.
Dopo aver tentato di analizzare le difficoltà offensive degli Hornets passiamo a quello che fino all’anno scorso (e le prime partite dell’anno) era uno dei punti di forza del team: la difesa. Il sistema difensivo degli Hornets è ideato per cercare di proteggere Jefferson, evitando quindi di far arrivare gli avversari nei pressi del ferro, non a caso Charlotte è la squadra che concede meno conclusioni “at the rim” (concedendo però la percentuale più alta della lega).
In questo sistema, quindi, diventa fondamentale la difesa perimetrale, ed è proprio in questa circostanza che più si avverte la mancanza di MKG che oltre ad essere un riferimento difensivo consente alla squadra di non soffrire mismatch difensivi troppo marcati. Inoltre in questo inizio di stagione l’uomo chiave della difesa è stato Stephenson, che non brilla per continuità nell’arco della partita (per usare un eufemismo), avendo dei compagni la cui efficacia difensiva è strettamente legata a fattori più psicologici che tecnici non essendoci difensori di buon livello oltre i due già citati; molte volte, infatti, si può notare un improvviso innalzamento dell’intensità difensiva causato proprio da una giocata estemporanea di Born Ready.
Il quadro qui presentato potrebbe sembrare estremamente fosco e negativo soprattutto per il futuro, però di segnali positivi ce ne sono diversi, perché è vero che molte volte questi Hornets hanno mostrato una pallacanestro piuttosto farraginosa ed inefficace (sui due lati del campo) ma è altrettanto vero che in diverse partite hanno anche mostrato il loro potenziale, sia difensivo che offensivo. Tra le note liete di questo inizio di stagione ci sono sicuramente Gary Neal, Cody Zeller , tra le altre cose i migliori giocatori degli Hornets per quanto riguarda il net rating (escludendo chi non ha un minutaggio significativo).
-GARY NEAL : l’ex Spurs riveste un ruolo molto importante nel team, infatti a lui è demandato il compito di dare una scossa al non irreprensibile attacco degli Hornets. A volte, però, interpreta questo compito in maniera un po’ troppo personale, tentando di mettersi in proprio più del dovuto. Al netto delle forzature (registrate soprattutto quando è in campo con la second unit), la sua capacità di giocare senza palla e di punire sugli scarichi (42.9% da 3 finora) diventa fondamentale per impedire alle difese avversarie di collassare in area sulle penetrazioni di Walker e Stephenson o sui post up di Jefferson. Piccola curiosità su di lui: nelle (poche) vittorie degli Hornets di quest’inizio di stagione Neal tira con il 31% dal campo (frutto di un pessimo 26% da 2), ma tira di più da 3, va più volte in lunetta, è più aggressivo a rimbalzo e dà un assist in più; nelle sconfitte invece tira con il 46% dal campo dando però un contributo minore nelle altre voci statistiche.
-CODY ZELLER : l’ex Hoosier è il primo cambio dei lunghi in questi Hornets e, a differenza dell’abulico Marvin Williams, le sue prestazioni sono contraddistinte dalla grande energia che mette sul parquet. La differenza del suo impatto in campo rispetto allo scorso anno (in cui ha un po’ deluso le aspettative) non risiede tanto nei numeri che sui 36 minuti sono molto simili ma nel modo in cui questi numeri vengono prodotti. Zeller, infatti, sta facendo un gran lavoro per espandere il proprio gioco; in questo avvio di stagione, oltre ai consueti tagli dal lato debole, il big man da Indiana sta esplorando maggiormente l’opzione pick&pop soprattutto con Stephenson in campo. Al momento, tuttavia, il tiro dalla media è ancora “work in progress” (34.6% da mid range).
Ma la sensazione è che continuando a lavorare su questo possa diventare un’arma molto importante nell’arsenale offensivo di Zeller, che potrebbe potenzialmente annoverare anche il pick&roll (da rollante) e gli 1vs1 dal palleggio. Cody sta mettendo su discreti numeri anche in difesa, dove concede il 37% dal campo al suo avversario
ma deve necessariamente migliorare nella protezione del pitturato, dato che ha stazza, mobilità ed atletismo per essere un buon difensore, anche in aiuto.
Un altro giocatore che si sta mettendo in mostra è Michael Kidd-Gilchrist, i cui progressi nella metà campo offensiva (almeno per le partite in casa) sono stati notevoli, anche se si tratta di un campione statistico estremamente ridotto. Confrontando i dati di quest’inizio di stagione con quelli dello scorso anno si scorge subito una differenza sostanziale: segna meno nel pitturato (40.7% dei suoi punti contro il 62.9% dell’anno scorso) e più da mid range (27% contro 11%); inoltre attacca il ferro con più convinzione e va più spesso in lunetta, dove realizza col 70% contro il 61% della passata stagione. In questa piccola metamorfosi un ruolo importante lo gioca il gran lavoro fatto per correggere la meccanica di tiro (lavoro ben lontano dall’essere concluso) che evidentemente lo fa sentire meno insicuro. La parola insicuro non è casuale, perché l’acquisizione di sicurezza e convinzione nei propri mezzi è fondamentale per la crescita di questo ragazzo, ed a tal proposito in precedenza si è parlato di miglioramenti riscontrati soprattutto nelle partite casalinghe.
Infatti è proprio nelle tre partite giocate a Charlotte che MKG ha mostrato alcuni lampi di ciò che potrebbe essere in futuro, con la solita difesa asfissiante unita ad una maggiore efficacia al tiro sugli scarichi e canestri realizzati dal palleggio, ovvero le zone del suo gioco su cui bisognava lavorare più duramente dall’ingresso in NBA ma che sono state colpevolmente trascurate nella sua prima stagione.
Per vedere sensibili miglioramenti, oltre all’accorgimento suggerito in precedenza per quanto riguarda la rotazione delle guardie, coach Clifford deve necessariamente lavorare sulla componente psicologica, perché le sconfitte hanno decisamente minato il morale della squadra che nelle ultime partite difficilmente riesce a reagire ai momenti positivi dell’avversaria di turno; inoltre bisognerebbe lavorare su alcuni atteggiamenti negativi di Stephenson, che molto spesso manifesta in maniera un po’ troppo evidente il proprio disappunto per le scelte dei compagni, soprattutto quando questi scelgono di non passargli la palla. Per tentare di mettere una pezza all’assenza di SF di ruolo, invece, si potrebbe pensare di schierare in quel ruolo Marvin Williams piuttosto che un Gerald Henderson che in difesa soffre l’impatto fisico dei dirimpettai ed in attacco contribuisce alle cattive spaziature della squadra (essendo del tutto innocuo sul perimetro viene spesso battezzato permettendo così al suo uomo di dare una mano consistente nel proteggere l’area) ed alla scarsa fluidità della manovra; un’alternativa potrebbe essere rappresentata dal rookie PJ Hairston, dotato di maggior fisicità rispetto ad Henderson, quindi meno svantaggiato nel confronto con le SF avversarie, e sicuramente di maggior pericolosità dall’arco, il che impedirebbe alle difese avversarie di lasciargli troppo spazio sul perimetro e contribuirebbe a liberare l’area. Un altro importante accorgimento tattico che andrebbe fatto è quello di evitare di schierare il “doppio play”, ovvero la coppia Walker-Roberts, che se in attacco può essere efficace in difesa rende centimetri e chili ad ogni combinazione di guardie schierata dagli avversari, finendo così per creare ulteriori mismatch svantaggiosi. Un’altra soluzione potrebbe essere rappresentata da una trade, che tuttavia sarebbe da considerare come estrema ratio qualora si pensasse che questo roster non possa esprimersi (molto) meglio di così.
In conclusione, le sconfitte iniziano ad essere troppe però essendo ad est la corsa per un posto ai PO non è affatto chiusa, se solo si iniziasse a difendere forte e continuativamente e magari migliorare la fluidità offensiva (o perlomeno iniziare a segnare i tiri aperti). Un elemento che però potrebbe consolare i tifosi Hornets è il calendario: nelle prime 18 partite, infatti, sono state affrontate solamente 4 squadre il cui record è sotto il 50% (tra l’altro quattro partite in cui si sono registrate solo L).
Ah, piccola richiesta per coach Clifford: non sarebbe una buona idea panchinare a vita Maxiell ed iniziare a dare minuti consistenti a Vonleh?
Articolo di Valerio Battista