Philadelphia, il record di sconfitte e quell'insolito ottimismo
La città sta reagendo stranamente bene alla martoriata stagione dei Sixers, contrariamente ad altre situazioni così negative. In futuro si può solo migliorare e Hinkie non ha intenzione di abbandonare il suo piano.
Philadelphia è una città strana, poco ma sicuro. Da tutti conosciuta come “The city of brotherly love”, la città dell'amore fraterno, Philadelphia ha, però, un rapporto tutt'altro che d'amore fraterno verso le stagioni negative nello sport.
Il 15 Dicembre del 1968, durante l'intervallo dell'ultima partita di una regular-season da 2 vittorie e 12 sconfitte, alcuni tifosi dei Philadelphia Eagles, franchigia di NFL, iniziarono a tirare delle grosse palle di neve ad un ragazzo di 19 anni che era travestito da Babbo Natale. In realtà la storia sarebbe un po' più complessa di così ma il succo del discorso era che un gruppo di tifosi, arrabbiati per lo scarso rendimento della loro squadra, se la presero con un ragazzino vestito da Babbo Natale.
I media di Philadelphia non amano particolarmente parlare di questo avvenimento, un po' perchè storce con l'immaginario della città, descritta sempre come la città dell'amore fraterno, oltre che come luogo di nascita degli Stati Uniti d'America, un po' perchè li costringe ad affrontare una “patologia”, che anche se in declino, continua ad essere presente nell'ambiente sportivo di Philadelphia, ovvero che esiste un'ampia e diffusa insoddisfazione nella città quando si tratta di sport.
Tutto ciò, tutta quest'ansia e insoddisfazione, cozza con l'atteggiamento avuto in questa stagione verso i Philadelphia 76ers,che con 26 sconfitte consecutive hanno eguagliato il record negativo dei Cleveland Cavaliers del 2010-2011 (la stagione post-Lebron James, ndr). Il comportamente dei tifosi dei 76ers quest'anno non ha mostrato segni di rabbia, disperazione o frustrazione ma qualcosa di diverso, qualcosa che può essere descritto come ottimismo, o addirittura come speranza. Basti pensare alla gara dello scorso 19 Marzo contro i Chicago Bulls, la numero 68 della stagione dei Sixers. Al Wells-Fargo Center ci sono poco più di 13 mila spettatori ma quando Thad Young piazza la tripla del -3 sembra che ce ne siano il doppio, per non parlare del possesso successivo quando Henry Sims schiaccia su un assist di Tony Wroten per il -1. Quando la partita terminò, con la 22esima sconfitta consecutiva della squadra di coach Brown, il pubblico era ancora caloroso e ottimista sulla squadra, una cosa non proprio comune a Philadelphia quando si parla di stagioni negative. Sembrava che l'arena fosse piena di genitori premurosi che guardano i primi passi incerti e barcollanti dei loro bambini. Certo, ci saranno delle cadute e qualche graffio ma che vi aspettate? Il bambino è ancora piccolo e deve formarsi, è normale che cada a terra e si faccia male. Tutto questo nella città di Philadelphia è una novità, soprattutto per una città che ha visto l'ultimo titolo nel basket nel 1983, per non parlare del football dove l'ultimo titolo risale addirittura al 1960, prima ancora che nascesse la NFL. L'ultima gioia sportiva nella città di Philadelphia è arrivata nel 2008, quando i Phillies vinsero le World Series nel 2008.
Qual'è il segreto di questo cambio d'approccio? Semplice, le aspettative e la capacità si sapersi accontentare. Fin da inizio stagione si sapeva che i Sixers sarebbero stati una delle peggiori squadre della Lega. Un roster giovanissimo, infarcito di giocatori alla prima esperienza in assoluto in NBA o di giocatori che per la prima volta avevano la possibilità di giocare minuti sostanziosi (vedi James Anderson e Tony Wroten). Arrivati alla trade deadline, la squadra è peggiorata ulteriormente con le cessioni di Evan Turner e Spencer Hawes, che fino a quel momento erano stati tra i migliori in una stagione comunque negativa. I tifosi sapevano fin dal giorno 1 che sarebbe stata una stagione difficile, a partire dal motto utilizzato per la campagna di abbonamenti: “Toghether we build”. Con delle aspettative così basse, la serie di sconfitte consecutive non ha distrutto il morale della città come era successo in altre situazioni. In assenza della solita negatività, si è sviluppata nel pubblico di Philadelphia una certa speranza nel pensare che la squadra possa migliorare molto nei prossimi anni, che tutte le delusioni di questa stagione, tutte le partite perse, tutti gli errori dei giocatori giovani si possano trasformare in qualcosa di positivo per l'avvenire.
Pensate a Michael Carter-Williams, point-guard uscita da Syracuse, la cui combinazione di potenziale e faccia da bravo ragazzo sono l'essenza della stagione dei 76ers. Carter-Williams guida tutte le classifiche dei rookies per punti,assist,rimbalzi,palle rubate e doppie-doppie ma tira solamente il 39.5% dal campo. MCW, come ormai lo chiamano tutti a Philadelphia, non è solo un giocatore dei Philadelphia 76ers, lui è i Philadelphia 76ers: un volto nuovo e fresco, un ragazzo semplice, una tela bianca sulla quale i tifosi di Philadelphia possono dipingere le loro speranze future. Nerlens Noel è stato fuori per tutta la stagione e il suo recupero dall'infortunio al ginocchio è un altro di quei motivi di speranza che animano il tifo di Philadelphia. La possibilità di scegliere un giocatore di altro profilo al prossimo draft aumenta esponenzialmente ad ogni sconfitta, con la gente che sogna che i vari Wiggins,Parker,Embiid e compagnia possano cambiare il futuro della franchigia.
Nel frattempo, i ricordi della precedente gestione sono stati spazzati via. Evan Turner e Andrew Bynum si trovano ad Indianapolis, Spencer Hawes è passato ai Cavs, Doug Collins fa l'analyst in tv, mentre i tifosi gli rimproverano ancora la sua incapacità di intravedere il potenziale di un giocatore come Nik Vucevic, che adesso fa le fortune degli Orlando Magic.
La macchina costruita da Sam Hinkie, o meglio distrutta dal GM dei Sixers, sta facendo esattamente quello per il quale era stata costruita: arrancare sul fondo della classifica in attesa di una scelta alta al draft, cercando, nel frattempo, di sviluppare dei taleni che possano tornare utili nel prossimo futuro, raschiando il mercato di D-League.
Questo è l'altro lato del tanking, quello “positivo” per così dire. Per molte franchigie in difficoltà e con una fan base non soddisfatta, perdere “volontariamente” (nessuno perde volontariamente, si perde perchè la squadra è nettamente inferiore alle altre, come i Sixers di quest'anno) non toglie speranza ai tifosi ma riesce a trasmettere un po' d'aria fresca alla quale potersi attaccare.
Lo staff dei Sixers è consapevole di questo cambio d'atteggiamento e Brett Brown ha ringraziato pubblicamente la città per la pazienza mostrata finora.
“In questa stagione ho capito che questa città ha pazienza,” ha dichiarato Brown al Philadelphia Inquirer. “Credo che la città abbia capito che siamo stati trasparenti con loro. Non abbiamo nascosto niente. Questo è cio che siamo e questo è ciò che ci meritiamo”.
Ovviamente, tutti sono consapevoli delle critiche che sono arrivate da tutte le parti per questo “tanking estremo”, per aver intenzionalmente costruito una squadra di basso livello, per aver fatto ridere buona parte del resto della lega per dei risultati così mediocri.
“Si può non essere d'accordo con la strada che abbiamo intrapreso,” ha continuato Brown. “Ma questo è il nostro percorso. Questo è il nostro piano. E credo che la pazienza mostrata dalla città, finora, sia stata straordinaria. Siamo grati a loro per questo atteggiamento e vogliamo migliorare ogni giorno per ringraziarli”.
Anche Sam Hinkie, il GM e artefice di questi Sixers, continua ad avere piena fiducia nel piano messo in atto e neanche per un attimo si è fatto abbattere dalle critiche che arrivavano da ogni parte: “La gente vorrebbe vedermi mentre digrigno i denti o mentre mi batto il petto ma non sto facendo nessuna delle due cose.”
Hinkie ha svolto già un lavoro di ricostruzione ai tempi degli Houston Rockets, quando era l'assistente GM e il vice-presidente della franchigia, e non ha paura di ricominciare di nuovo.
“Quando Yao si ruppe il piede durante la post-season del 2009,” ha dichiarato Hinkie. “Eravamo consapevoli che aver battuto i Trail Blazers al primo turno e aver costretto i Lakers a gara 7 non contava più nulla, sapevamo che avremmo dovuto ripartire daccapo. Da lì, sono iniziati gli aggiustamenti. In quel momento per me la domanda più importante è diventata come partire dal livello zero e arrivare a livello uno. E' stata la sfida più importante del mio precedente lavoro ed è la sfida più importante del mio attuale lavoro”.
A Philadelphia sembra esserci una nuova aria, in tutte le squadre della città ci sono dei cambiamenti in corso, qualche giorno fa gli Eagles hanno tagliato DeSean Jackson, uno dei migliori wide-receiver della Lega e che veniva, forse, dalla migliore stagione della sua carriera. Il perchè? Il suo rapporto con Chip Kelly, il coach degli Eagles, non era idilliaco e i suoi atteggiamenti da “ganster” fuori dal campo avevano infastidito parecchio la dirigenza e i compagni di squadra. Mossa folle, almeno all'apparenza, ma non per gli Eagles. Anche loro hanno un piano e vogliono cercare di seguirlo fino in fondo.
Il traguardo è molto lontano e ancora non si vede ma è ben fissato nelle menti dello staff e della dirigenza dei 76ers. I tifosi, dal canto loro, possono solo sperare che le cose vadano, almeno stavolta, per il verso giusto. Questo loro atteggiamento stranamente positivo è l'unico modo per affrontare al meglio un percorso così difficile. Del resto, stiamo parlando della città dell'amore fraterno. Come dice Chip Kelly: “We're from Philadelphia, we fight”. Quando vieni da Philadelphia devi combattere, non c'è altro modo. Se ci si arrende alle prime difficoltà, si tradisce lo spirito della città e anche i tifosi sembrano iniziare a capirlo. Just stay the course, basta seguire il piano e sperare per il meglio. Philly, your time to shine will come, likely.
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