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ACB 10/03/2011, 16.03

Messina: 'A Madrid stavo diventando matto. Milano? Rispondo a tutti'

"La squadra vive un momento di passaggio nella leadership da un gruppo eterogeneo ad uno molto giovane ed interessante. Al Real la vera battaglia è convivere con l'anacronistica necessità della vittoria"

ACB

- Repubblica.it -

 
Ettore Messina, come trascorrono ora le sue giornate a Madrid? "Sinceramente non ne ho la più pallida idea, la situazione per me è abbastanza anomala dopo oltre vent'anni di panchina. Sto più tempo con mio figlio Filippo, che gioca a calcio. Ruolo? E' piccolo, fa l'attaccante oppure il portiere, diciamo che è tempo di scelte in casa nostra... Di certo non leggo, ma avevo già smesso dopo tre mesi dal mio arrivo qui".
Nella sua vicenda la stampa che non le è mai stata favorevole ha giocato un ruolo pesante. Ed i tifosi del Real ora dicono "il nemico non sono i giornali di Barcellona, ma i falsi amici dei giornalisti di Madrid".
"E' assolutamente vero. Il Real è circondato da una stampa senza dignità, né ritegno nell'usare il sarcasmo o la provocazione. Cerca il torbido. Protegge sempre il giocatore spagnolo sullo straniero, li mette uno contro l'altro, spacca le opinioni anziché coagularle".
Ma si parla del grande Real Madrid: e allora questa stampa o la vuole il Real Madrid, oppure il Real Madrid non esercita alcuna forma di controllo. Ci vogliamo credere?
"E' complesso, ma mi hanno raccontato di come in passato elementi del Real Madrid cercassero un trattamento di favore passando informazioni riservate, da spogliatoio, ai giornalisti".
A proposito di trattamento di favore: se Florentino Perez avesse detto "Messina, lei resta" Messina sarebbe rimasto?
"Non è che l'accesso a Perez sia così agevole e diretto. Io ho parlato con Valdano per comunicargli la mia decisione".
E con Perez?
"Abbiamo pranzato assieme sabato. Un paio d'ore, ma nessuna retromarcia".
Non è che alla fine della storia resta a Madrid, Messina?
"Per ora fino al termine della scuola di mio figlio. Ma non escludo neanche di restarci a vivere".
Ne ha parlato con Perez? Lui dà lavoro a tanta gente...
"Con Perez ho un buon rapporto, la stima c'è. Magari da un'opportunità persa ne può nascere un'altra. E' stata una chiacchierata interessante, come tutta l'esperienza qui".
Le ha spiegato che l'allenatore del Real non può essere oggetto di gogna mediatica?
"Gli ho spiegato che il Real deve dotarsi di una struttura manageriale che sia anche di supporto e protezione dell'allenatore. Che qui deve fare anche l'istruttore, lo psicologo e pure il domatore. Serve quella figura che esiste in tutti i grandi club, come è Minucci a Siena, Kuschenko a Mosca, Querejeta a Vitoria. Altrimenti l'allenatore diventa matto".
Ma cos'è che ha fatto diventare matto uno che appena un mese fa viene col Real a Siena, batte in casa sua la Montepaschi e poi dichiara "se non mi cacciano, resto"?
"Intanto un'intervista senza senso di Reyes, che non doveva sfuggirci. In un grande club non deve accadere. Poi quella resa nella partita di ritorno con Siena. Eravamo già primi, non contava, il palazzo era mezzo vuoto, giocava la squadra di calcio. Tutto vero. Ma per me questa roba non esiste. Ho visto molto immaturità".
Ha fatto il passo indietro per il Real, ma a lei cosa ne viene?
"Nulla. Ho lasciato un lavoro, un altro anno e mezzo di contratto e forse la possibilità di giocare un'altra Final Four di Eurolega, la decima. L'unica cosa che può scaturire da tutto questo, mi auguro, sia il rispetto".
Alla prima del dopo Messina, cartelli contro il club e solidarietà a lei. Ed il settore dei tifosi più caldi del Real lasciato vuoto.
"Non un'invasione di campo, ma per gli standard del Real una contestazione robusta...".
Un grande allenatore si merita la panchina del Real. Ma può anche permettersi di lasciarla.
"Io non sono al di sopra di nulla. La normalità, al Real, ti manda in rovina e semmai sono loro a dirti che sono stanchi di te. Lasciarli non è comune, ma io non sono un eroe. Ho fatto un gesto che ho ritenuto doveroso, per il bene ed il futuro del Real".
Ce lo spieghi.
"La squadra vive un momento di passaggio nella leadership da un gruppo eterogeneo ad uno molto giovane ed interessante. Al Real la vera battaglia è convivere con l'anacronistica necessità della vittoria. Oggi l'essenza dello sport è competere ad alto livello. Se poi competi, puoi vincere. Ai giovani ho tolto il parafulmine e spero che questo acceleri il processo della loro crescita".
Ma l'allenatore è spesso, per ruolo, il parafulmine.
"Un allenatore è grande se ha una grande società dietro ed in spogliatoio 2-3 grandi giocatori, dentro e fuori dal campo. Ginobili o Rigaudeau, Brunamonti o Danilovic, Pittis o Nicola, Smodis. L'allenatore esce dallo spogliatoio e deve sapere che al suo posto c'è un leader che aiuta il gruppo a maturare. Ad allenarsi meglio, ad accettare un cambio. E' la leadership che fa la differenza. Di cosa sta parlando Peterson dal suo avvento a Milano?".
Si può dire che al Real l'allenatore non sia una figura centrale?
"No, anzi è esattamente il contrario. Ma poi ti lasciano lì, ti devi arrangiare. Non è un caso che tutti ricordano Saporta, qui".
Con Mourinho si è sentito?
"Sì, ma gli voglio bene e per questo non posso rivelare cosa mi ha detto. E' stato affettuoso".
La squadra che reazione ha avuto?
"Dispiaciuta, con le scuse per la brutta partita contro Siena. "Avevamo staccato la spina, dopo il primo posto" mi hanno detto. Molti messaggi, dai giovani, dagli americani, da Prigioni".
Quando il Real ospita un'italiana, salta l'allenatore: lei dopo Siena ma accadde lo stesso a Sergio Scariolo quando lui arrivò con la Virtus e vinse. A proposito, Scariolo le disegnò quel Real che poi ha trovato?
"Parlammo, ma abbiamo visioni abbastanza diverse su ciò che conta per me e per lui. Come quando chiedi di un giocatore. No, vale solo l'esperienza diretta".
Adesso il Real lo allena Lele Molin: da dieci anni era il suo fedelissimo assistente. Scelta complessa.
"Il club mi ha chiesto se poteva essere la scelta giusta, Lele, ed io ho detto che facevano bene a confermare lui. Chiaro, si pensava che, via io, sarebbe andato anche lui. Che invece è l'uomo più adatto per proseguire il programma tecnico di lavoro e crescita".
Si dirà: ecco Molin, ma dietro resta Messina.
"Lele è un allenatore autonomo. Ciò non toglie che a sua precisa domanda io rispondo".
Anche se chiama Milano, risponde?
"Rispondo a tutti. Anche perché al Real non hanno il cattivo gusto di togliere l'indomani cellulare e casella di mail".
Tra il trovarsi davanti il Barcellona in Spagna, e Siena in Italia, che differenza c'è?
"Forse nessuna. Ma se la domanda sotterranea è se allenerò l'anno prossimo a Milano, qui non c'è risposta".
Pensando ad un futuro è meglio essere liberi a marzo che a giugno.
"Alla notizia, un mio amico mi ha scritto "hombre vertical e libre". Lo dicevano di Bearzot e dunque è un complimento".
Più stanco, incazzato o arreso?
"Dispiaciuto di non poter guidare la squadra verso la Final Four di Eurolega. Arreso? Lasciamo perdere la barzelletta che non mi sono mai arreso, la vita a volte non offre alternative. Vero è che nello sport non mi era mai successo. Per questi molti mi preferivano in barricata fino alla fine, contro tutti gli attacchi. Ma stavolta ho preferito scegliere io".

 

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E. Carchia

E. Carchia

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