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ACB 02/10/2015, 11.37

La stagione perfetta di Laso e del Real

Alla vigilia della nuova stagione, ripassiamo lo storico anno del Real Madrid

ACB
Barcellona, 26 Giugno 2014. I blaugrana trionfano 83-81 sul Real Madrid conquistando serie e titolo. Laso viene espulso nel corso del terzo quarto. Il tecnico vitoriano che abbandona il campo sulla sedia a rotelle è l’immagine che esprime tutto. E’ un fallimento, è una stagione a dir poco deludente. Una stagione da 31 vittorie consecutive tra ottobre e gennaio, proseguita con il record di vittorie in Liga ma chiusa “solo” con Copa e Supercopa. Già, perché quella di Barcellona è solo la seconda delusione in ordine di tempo, arrivata circa un mese dopo la sconfitta patita in finale di Eurolega, per il secondo anno consecutivo.
Barcellona, 24 Giugno 2015. Un anno dopo, stesso campo, stesso rivale ma scenario totalmente diverso. Il Real supera 90-85 Barcelona chiudendo 3-0 la serie e vincendo il titolo. Stavolta è un trionfo, stavolta è una stagione storica: Supercopa, Copa, Eurolega e Liga. Non manca niente.
A poche ore dal via ufficiale della stagione 2015/16 con la Supercopa Endesa, ripercorriamo la storica stagione del Real Madrid e del suo allenatore, Pablo Laso.

All’alba della stagione 2014/15 infatti, proprio l’allenatore basco è il principale indiziato come colpevole dei recenti fallimenti. “Perfetto perdente” è la definizione ricorrente. Tante vittorie, tante finali, ma era sempre mancato il guizzo, l’acuto finale. Nel 2012, dopo una carestia che durava dal 1993 aveva riportato la Copa a Madrid ma era caduto sul più bello in finale di Liga. L’anno successivo era riuscito nella conquista del campionato ma aveva fallito in Eurolega, perdendo una finale che all’intervallo sembrava già nelle mani dei blancos. Nel 2014 dopo la doppietta Supercopa-Copa, un’altra Eurolega dominata fino ad allora, era sfuggita di mano, ancora una volta in finale. E a completare il disastro era arrivata anche la sconfitta in finale di campionato. Sembra quindi il momento giusto per cambiare le cose. I rapporti non idilliaci con i “piani alti”, le sconfitte, le delusioni. Addirittura un freddo fax con cui la dirigenza dà il benservito a López e Cuspinera, assistenti del basco e legati, in particolar modo il primo, da un rapporto di amicizia oltre che professionale. Al loro posto Chus Mateo e Zan Tabak. I conflitti aumentano con il mercato che non corrisponde propriamente alle richieste del tecnico: fuori, oltre a Mirotic, Darden e Draper, autentici scudieri di Laso, e dentro Campazzo, Maciulis, Rivers e Nocioni, ai quali si aggiungerà poi Ayón. Tutto lascia presagire quindi all’abbandono da parte di Laso, con l’ombra di Katsikaris sullo sfondo. Invece no. Laso rimane, ingoia gli amari bocconi, si adatta alla nuova situazione tecnica e va avanti. Sliding doors.

La stagione inizia quindi tra mille dubbi: Campazzo e Maciulis non danno garanzie, Nocioni può garantire qualità ed esperienza ma non i minuti di Mirotic, Rivers si aggiunge ad una batteria di esterni già collaudata, mentre Ayón arriva come uno scarto del Barcellona. Nemmeno la Supercopa, vinta proprio in finale contro i catalani, serve a spegnere le voci. I paragoni con lo storico Real della stagione precedente si sprecano e le sconfitte tra dicembre e gennaio non aiutano: Estudiantes, Bilbao, Barcelona e Unicaja in Liga, Efes, Kazan, Maccabi in Eurolega. E le ombre di Katsikaris, ed ora anche di Djordjevic, a farsi sempre più ingombranti. Si arriva così alla Copa del Rey, probabilmente il vero spartiacque della stagione perché Laso inizia a ridisegnare e plasmare la sua squadra. Slaughter cambia passaporto ed evita l’addio, garantendosi più minuti, Ayón diventa un punto cardine di squadra e quintetto ai danni di Bourousis che finisce sempre più ai margini della rotazione, Rivers e Carroll si alternano nei cinque iniziali mentre Nocioni inizia a dimostrare il perché del suo acquisto. La vittima in finale di Copa è ancora una volta Barcelona. La stagione corre spedita fino a maggio quando arriva la terza Final Four consecutiva e dopo le due sconfitte consecutive questa volta la pressione è massima perché si gioca sul parquet di casa. In semifinale c’è il Fenerbahce di Obradovic ma il primo tempo degli uomini di Laso è perfetto e quando i turchi si svegliano è troppo tardi. Nell’ultimo atto c’è invece l’Olympiakos, quell’Olympiakos di Spanoulis e Printezis che due anni prima a Londra aveva letteralmente scippato il titolo dalle mani del Real. All’intervallo sembra tutto scritto ma nel terzo quarto tornano i fantasmi della rimonta. Ci pensano due protagonisti per certi versi inattesi: Carroll ma soprattutto Nocioni, con una leadership emotiva mai mostrata sino ad allora. L’immagine del Chapu che incita i tifosi del Barclaycard Center è la fotografia perfetta: dopo 20 anni il Real torna sul tetto d’Europa nello scenario migliore, tra la sua gente. L’euforia è tanta, e le sconfitte nel finale di campionato sono indolori: si viaggia verso un’altra finale di Liga, ancora contro il Barça. Il dominio è totale con un netto 3-0, lasciando i rivali di sempre a secco e festeggiando sul loro campo un poker storico. E’ l’apoteosi di una squadra storica ed irripetibile, di un allenatore tanto messo in discussione un anno prima quanto esaltato ora, autore di un vero e proprio capolavoro, capace di resistere a tutto e di saper imporre comunque la propria impronta sapendo cambiare e sapendo adattarsi ai giocatori che aveva di fronte. E che giocatori: Llull, diventato sempre più un giocatore totale, decisivo in entrambe le metà campo e soprattutto segnando i canestri che contano; Rodríguez, sempre pronto ad incendiare le partite con il suo talento; Rudy autore di una delle stagione migliori della sua carriera, e Reyes eterno capitano, capace di resistere al passare degli anni addirittura migliorandosi e riuscendo ad entrare nel miglior quintetto dell’Eurolega. Ai cosiddetti leader si aggiunge però un cast di “supporto” di tutto rispetto: Nocioni, giocatore inarrestabile nella seconda parte di stagione, arrivato, per sua stessa ammissione nel corso della Final Four “proprio per questo”, per giocare quando il pallone pesa; Carroll, vero e proprio specialista, capace di farsi trovare pronto quando Laso ne aveva più bisogno, come nelle finali di Eurolega e Liga; e ancora Slaughter, importante tanto in spogliatoio quanto in campo con la sua energia, Rivers fondamentale nelle piccole cose sia in attacco che in difesa, Maciulis, carattere ed intensità da vendere e quanto mai solido nei momenti in cui più contava, ed infine Ayón, arrivato nello scetticismo generale ma rivelatosi alla fine un tassello fondamentale di questa squadra.

Irripetibile. Non è un aggettivo a caso. Sicuramente perché ci vorrà del tempo prima che un’altra squadra possa arrivare a ripetere una stagione di questo tipo ma soprattutto perché come nella migliore tradizione del Real, la festa è durata poco. Alla vigilia della nuova stagione troviamo infatti una squadra profondamente cambiata. Via Mejri, Campazzo, Suárez, Bourousis ma soprattutto Rivers e Slaughter, dentro Thompkins dal Nizhny Novgorod, Taylor dagli Charlotte Hornets, Hernangómez di ritorno da Sevilla ma soprattutto Doncic, confermato a tutti gli effetti in prima squadra dopo l’ottimo playoff della scorsa stagione. L’acquisto più importante però può essere considerata la conferma di Llull, che ha rinunciato ad essere il rookie più pagato di sempre in NBA per continuare ad essere uno dei leader di questa squadra. E’ in ogni caso la mentalità a non essere cambiata, quella del Real, quella di una squadra mai sazia. Per non farsi mancare niente è infatti arrivata la Coppa Intercontinentale, vinta dopo il doppio confronto con i brasiliani del Bauru. E’ l’apoteosi di una squadra che ha fatto e continua a fare la storia. Cinque titoli nel giro di poco più di un anno, anche cambiando gli interpreti. E’ il trionfo di un allenatore capace di portare il Real a giocare 15 finali su 17 possibili, vincendo 10 di queste. E’ il trionfo di giocatori come Llull, Rodríguez, Reyes e Rudy che ai cinque titoli aggiungono l’Europeo vinto con la Spagna. E’ il trionfo di un Real Madrid che si appresta a vivere un’altra stagione con la stessa fame di sempre.
© Riproduzione riservata
A. Tarallo

A. Tarallo

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Comments Occorre essere registrati per poter commentare 7 Commenti
  • SwaggySammy 02/10/2015, 18.00 Mobile
    Citazione ( andrebott 02/10/2015 @ 14:53 )

    Bellissimo articolo e complimenti a Laso che ha creato una macchina perfetta, stupenda da vedere e imbattibile! Quest'anno però sarà la prova del nove perchè con una squadra secondo me più forte dovrà però vedersela con la possibile "pancia pi ...

    Quoto

  • andrebott 02/10/2015, 14.53

    Bellissimo articolo e complimenti a Laso che ha creato una macchina perfetta, stupenda da vedere e imbattibile!
    Quest'anno però sarà la prova del nove perchè con una squadra secondo me più forte dovrà però vedersela con la possibile "pancia piena" dopo una stagione irripetibile come ha ben scritto l'autore dell'articolo.

  • Magic267 02/10/2015, 14.20

    Quindi il Real ha svoltato quando finalmente ha deciso di panchinare definitivamente quel perdente di Bourousis che a Milano qualche espertone rimpiange ancora...

  • KingJames2 02/10/2015, 11.58 Mobile

    Comunque Laso era da difendere anche quando perdeva (le finali) perché basta vedere i 20 anni del Real Madrid prima di lui, nei quali molti santoni o presunti tali (Messina per dirne uno a caso...) hanno clamorosamente FALLITO. A qualcuno sembra facile raggiungere una finale di EL...

  • RedDragon 02/10/2015, 11.57 Mobile

    Stagione spettacolare, ma la scena di Laso che viene portato fuori in sedia a rotelle mentre protesta resta una delle più comiche di sempre XD

  • KingJames2 02/10/2015, 11.53 Mobile

    Grande Tarallo!!! Articolo che sottoscrivo con il sangue!!