La Mens Sana sceglie Riccardo Caliani come dirigente capo del Marketing
La Mens Sana Basket 1871 SSD a R.L. ufficializza la nomina di Riccardo Caliani a dirigente capo dell’Area Marketing
La Mens Sana Basket 1871 SSD a R.L. ufficializza la nomina di Riccardo Caliani a dirigente capo dell’Area Marketing. Colligiano e uomo di mezz’età solo se si adottano i parametri di Dante Alighieri, in Mens Sana è di fatto il decano. Dal suo soggiorno in Usa promette massima dedizione, freschezza di idee e supremo rispetto verso tutte quelle aziende che sosterranno la Società.
“Partirei da un antefatto – ci dice a commento il direttore generale Filippo Macchi -, credo che sia nota la mia fissa per questa figura operativa e altresì noto di come ero disposto a cercarla lontano da Siena. E invece è nato tutto in un viaggio in auto a Firenze, lui ed io: Riccardo mi ha confidato che si sarebbe sentito di rivestire questo ruolo e di fatto ha dato sia a me che a mio padre un grossissimo e delicatissimo argomento da affrontare. Che è stato risolto all’americana. Riccardo ci ha dato tutto se stesso, ha avuto il coraggio di mettersi in gioco e per questo merita tutta la nostra fiducia e l’appoggio che possiamo dargli. Sia io che mio padre leggiamo i curricula, ma pensiamo poi che soprattutto conti cosa ha fatto una persona per una specifica Società, quindi Riccardo era una certezza della Mens Sana e siamo sicuri che continuerà ad esserlo. We Believe In Caliani”.
“Riccardo – ci dice il diesse Marruganti, diviso tra la soddisfazione per i progressi dell’amico e l’amarezza della separazione – non è stato solo un team manager tradizionale, ma essenzialmente un problem solver”. Parole che chi conosce Mens Sana, sa interpretare perché l’attitudine di Riccardo Caliani ad interessarsi di tutto per trovargli una quadra, sfocia addirittura nell’aneddotica. Come quella volta che pretendevano da lui una risposta su che fare di un camion di rena nell’area del parcheggio scambiatore, oppure la telefonata notturna dell’antiterrorismo romano che voleva far brillare l’auto di Truck Bryant. “In tanti momenti difficili – conclude Marruganti -, Riccardo è stato il mio sostegno e fatemi dire che se la Mens Sana ora è quella che potrà diventare, un po’ è stato anche merito nostro. Faccio tanti auguri a Riccardo, so che si farà onore”.
- Cominciamo dalla tua identità sportiva, Riccardo. Come inizia tutto?
“Ho iniziato a giocare a basket quando avevo 8 anni, un po' per caso ed un po' perché con i piedi sono sempre stato più scarso che con le mani. La palestra da basket era davanti a casa e veniva comoda per gli allenamenti. Dal primo momento in cui sono entrato là dentro mi sono innamorato di questo sport che ho cercato di coltivare sia come pratica che poi come lavoro. Il mio profilo di giocatore è poca roba, mi duole ammetterlo… ma è così. Settore giovanile al Colle Basket e alla Virtus Siena, dove mi portò Maurizio Lasi, che da bambino consideravo un mio modello tecnico nella mia vana speranza di diventare un buon playmaker. Successivamente qualche apparizione da giovane aggregato con la prima squadra del Colle Basket, che all’epoca era in serie B. Poi categorie inferiori, al Poggio al Vento e a Staggia, dove si gioca per divertirsi e dove sinceramente mi sono sempre sentito più a mio agio. Poi da tre stagioni nella Uisp con il Fomenta”.
- Ci risulterebbe però che sei fresco fresco di titolo italiano… non sei troppo umile?
“Tre estati fa, coach Paolo Lazzeroni, fotografo solo per hobby ma coach a tutti gli effetti ed amico vero, mi ha introdotto nella famiglia del Fomenta Basket, una società fatta di persone speciali, dentro e fuori dal campo. Abbiamo vinto il titolo provinciale al primo tentativo perdendo poi la finale regionale contro Montecatini di Mario Boni. La stagione successiva bis provinciale e trionfo anche nel regionale, culminato poi con un settimo posto alle finali nazionali. Quest’anno siamo partiti per vincere lo scudetto... lo dicevamo scherzando ma ci credevamo davvero. Abbiamo perso il titolo provinciale, ma poi abbiamo trionfato sia a livello regionale che, incredibilmente, nella finale scudetto. È stata una bella soddisfazione, vi assicuro che ho ricevuto più messaggi per lo scudetto del Fomenta che per le vittorie con la Mens Sana. Adesso resta il grande dubbio: appendere le scarpe al chiodo da scudettato o giocare ancora una stagione con il tricolore sulla maglia? Vedremo...”
- E passiamo alla Mens Sana…
“Ho iniziato a lavorare per la Mens Sana Basket nel 2008 come addetto stampa. Una società che era ai vertici italiani ed europei e della quale mi sentivo orgoglioso di far parte. Ho avuto così la possibilità di conoscere da vicino realtà che oggi mi sembrano estremamente lontane ma che all’epoca erano a portata di mano. La mia prima esperienza vera e propria è stata la final four di Madrid. Ricordo tutto. Il viaggio di andata non con la squadra, gli eventi organizzati da Euroleague. Il primo tempo perfetto della semifinale contro il Maccabi... la rimonta subita, la sconfitta. La faccia di Ettore Messina che ho incrociato nel tunnel dello spogliatoio quando con il suo CSKA stava attendendo di entrare in campo per l’altra semifinale contro il Tau Vitoria. La delusione del giorno dopo, lo spettacolo dei tifosi biancoverdi, splendidi protagonisti nella capitale spagnola. La festa del Real Madrid calcio che, il giorno dopo la nostra sconfitta con il Maccabi, vinse la Liga e dove riuscii ad imbucarmi spacciandomi per un giornalista italiano inviato... Il ritorno a casa, delusi perché forse consapevoli che quella sarebbe potuta essere la nostra grande occasione. Da lì in avanti è stato un pot-pourri di emozioni e delusioni, di sacrifici e gioie irrefrenabili. Di grandi amicizie, nate e poi mantenute. Di grandi notti di sport senese, condivise con una città straordinaria. Di trionfi memorabili, vissuti ovviamente non da attore protagonista, ma che nel mio intimo sento miei al cento per cento. Dopo cinque anni, la possibilità di cambiare ruolo. Diventare team manager significava avvicinarsi molto di più al campo e allo spogliatoio, due ambienti a me familiari e dove mi sento a mio agio. La stagione del something-different, il fallimento della società e la ripartenza con la vittoria della serie B. Poi tre stagioni di A2. Ho ritenuto che fosse arrivato il momento di chiudere un altro capitolo, anche questo durato cinque anni e aprirne un altro”.
- Dal campo alla dirigenza marketing… perché?
“Credo che dopo cinque anni da team manager sia arrivato il momento di provare a fare qualcosa di diverso. Parlando con la proprietà è emersa questa opportunità e sono grato a Massimo e Filippo Macchi per non aver mai messo in dubbio il fatto che fossi la persona adatta per ricoprire un ruolo così importante. Ammetto che ci ho pensato molto prima di accettare, perché vado a fare quel che non ho mai fatto, anche se in linea con i miei studi universitari ed il mio percorso post laurea. Mi fa molto piacere il fatto di aver ricevuto messaggi di stima ed incoraggiamento da molte persone, dentro e fuori dalla società. Spero di ripagare con gli interessi la fiducia di tutti”.
- Quali obiettivi vuoi dare al brand della società?
“Credo che la prima cosa da fare sia ricostruire il valore non solo commerciale di un brand molto importante ma che nelle ultime stagioni ha vissuto momenti difficili. Ho la fortuna di conoscere tante persone fuori da Siena e la percezione che ho è che ci sia molto da lavorare in questa direzione. Tutto però deve partire da noi, dal nostro interno, dalla nostra serietà, dal nostro lavoro, dai partner che ci saranno a fianco. Mi piacerebbe instaurare con i nostri partner rapporti di reciproca soddisfazione e convenienza, che non si limitino soltanto ad un logo sulla maglia, ma costruire per loro eventi e campagne marketing su misura. Mi piacerebbe che con il tempo queste partnership divenissero stabili e che fossero loro a considerarci preziosi per il loro lavoro e non solo viceversa. Per questo presenteremo a breve delle proposte strutturate ai nostri partner attuali o potenziali. Come dicono gli americani One Step at a Time e non per forza tutto e subito”.
- Sarà dura star lontano dal campo?
“Mi mancherà il contatto quotidiano con i giocatori, ma chi pensa in questo modo di avermi allontanato dal campo si sbaglia di grosso. È ovvio che la passione resta intatta, l’adrenalina del risultato altrettanto. Non siederò più in panchina, ma in prima fila certamente si...Non vedo questo mio nuovo incarico come un distacco dalla parte sportiva, anzi, credo che il direttore marketing debba avere un contatto diretto e quotidiano con lo staff sportivo, con cui condividere idee e sviluppare progetti. E poi continuerò ad interessarmi di basket a 360 gradi come ho sempre fatto. Sono contento che il mio vecchio ruolo verrà occupato da Gianpaolo Toscano, perché oltre ad essere un professionista in altri settori dal quale ho solo da imparare, è anche una persona per bene, molto più mensanino di me, che conosce la realtà, che l’ha vissuta prima da giocatore, poi da allenatore, da addetto agli arbitri e, adesso, da team manager”.
- Emozioni e impressioni conclusive?
“Sono curioso ed ansioso di vedere se le mie idee saranno comprese e funzionali al progetto. Quando facevamo l’Eurolega ho partecipato diverse volte al marketing summit dove si riuniscono tutti i responsabili marketing e comunicazione delle squadre di Euroleague ed Eurocup e dove intervengono veri e propri guru della materia provenienti da NBA o Premier League per proporre idee e iniziative. Ammetto che la prima volta mi sono chiesto: ‘Cosa c entro io con tutta questa roba qua?’ Poi con il passare degli anni ho maturato la convinzione che certe idee, pur con le dovute cautele, potrebbero essere funzionali anche nel nostro piccolo. Vedremo”.
“Partirei da un antefatto – ci dice a commento il direttore generale Filippo Macchi -, credo che sia nota la mia fissa per questa figura operativa e altresì noto di come ero disposto a cercarla lontano da Siena. E invece è nato tutto in un viaggio in auto a Firenze, lui ed io: Riccardo mi ha confidato che si sarebbe sentito di rivestire questo ruolo e di fatto ha dato sia a me che a mio padre un grossissimo e delicatissimo argomento da affrontare. Che è stato risolto all’americana. Riccardo ci ha dato tutto se stesso, ha avuto il coraggio di mettersi in gioco e per questo merita tutta la nostra fiducia e l’appoggio che possiamo dargli. Sia io che mio padre leggiamo i curricula, ma pensiamo poi che soprattutto conti cosa ha fatto una persona per una specifica Società, quindi Riccardo era una certezza della Mens Sana e siamo sicuri che continuerà ad esserlo. We Believe In Caliani”.
“Riccardo – ci dice il diesse Marruganti, diviso tra la soddisfazione per i progressi dell’amico e l’amarezza della separazione – non è stato solo un team manager tradizionale, ma essenzialmente un problem solver”. Parole che chi conosce Mens Sana, sa interpretare perché l’attitudine di Riccardo Caliani ad interessarsi di tutto per trovargli una quadra, sfocia addirittura nell’aneddotica. Come quella volta che pretendevano da lui una risposta su che fare di un camion di rena nell’area del parcheggio scambiatore, oppure la telefonata notturna dell’antiterrorismo romano che voleva far brillare l’auto di Truck Bryant. “In tanti momenti difficili – conclude Marruganti -, Riccardo è stato il mio sostegno e fatemi dire che se la Mens Sana ora è quella che potrà diventare, un po’ è stato anche merito nostro. Faccio tanti auguri a Riccardo, so che si farà onore”.
- Cominciamo dalla tua identità sportiva, Riccardo. Come inizia tutto?
“Ho iniziato a giocare a basket quando avevo 8 anni, un po' per caso ed un po' perché con i piedi sono sempre stato più scarso che con le mani. La palestra da basket era davanti a casa e veniva comoda per gli allenamenti. Dal primo momento in cui sono entrato là dentro mi sono innamorato di questo sport che ho cercato di coltivare sia come pratica che poi come lavoro. Il mio profilo di giocatore è poca roba, mi duole ammetterlo… ma è così. Settore giovanile al Colle Basket e alla Virtus Siena, dove mi portò Maurizio Lasi, che da bambino consideravo un mio modello tecnico nella mia vana speranza di diventare un buon playmaker. Successivamente qualche apparizione da giovane aggregato con la prima squadra del Colle Basket, che all’epoca era in serie B. Poi categorie inferiori, al Poggio al Vento e a Staggia, dove si gioca per divertirsi e dove sinceramente mi sono sempre sentito più a mio agio. Poi da tre stagioni nella Uisp con il Fomenta”.
- Ci risulterebbe però che sei fresco fresco di titolo italiano… non sei troppo umile?
“Tre estati fa, coach Paolo Lazzeroni, fotografo solo per hobby ma coach a tutti gli effetti ed amico vero, mi ha introdotto nella famiglia del Fomenta Basket, una società fatta di persone speciali, dentro e fuori dal campo. Abbiamo vinto il titolo provinciale al primo tentativo perdendo poi la finale regionale contro Montecatini di Mario Boni. La stagione successiva bis provinciale e trionfo anche nel regionale, culminato poi con un settimo posto alle finali nazionali. Quest’anno siamo partiti per vincere lo scudetto... lo dicevamo scherzando ma ci credevamo davvero. Abbiamo perso il titolo provinciale, ma poi abbiamo trionfato sia a livello regionale che, incredibilmente, nella finale scudetto. È stata una bella soddisfazione, vi assicuro che ho ricevuto più messaggi per lo scudetto del Fomenta che per le vittorie con la Mens Sana. Adesso resta il grande dubbio: appendere le scarpe al chiodo da scudettato o giocare ancora una stagione con il tricolore sulla maglia? Vedremo...”
- E passiamo alla Mens Sana…
“Ho iniziato a lavorare per la Mens Sana Basket nel 2008 come addetto stampa. Una società che era ai vertici italiani ed europei e della quale mi sentivo orgoglioso di far parte. Ho avuto così la possibilità di conoscere da vicino realtà che oggi mi sembrano estremamente lontane ma che all’epoca erano a portata di mano. La mia prima esperienza vera e propria è stata la final four di Madrid. Ricordo tutto. Il viaggio di andata non con la squadra, gli eventi organizzati da Euroleague. Il primo tempo perfetto della semifinale contro il Maccabi... la rimonta subita, la sconfitta. La faccia di Ettore Messina che ho incrociato nel tunnel dello spogliatoio quando con il suo CSKA stava attendendo di entrare in campo per l’altra semifinale contro il Tau Vitoria. La delusione del giorno dopo, lo spettacolo dei tifosi biancoverdi, splendidi protagonisti nella capitale spagnola. La festa del Real Madrid calcio che, il giorno dopo la nostra sconfitta con il Maccabi, vinse la Liga e dove riuscii ad imbucarmi spacciandomi per un giornalista italiano inviato... Il ritorno a casa, delusi perché forse consapevoli che quella sarebbe potuta essere la nostra grande occasione. Da lì in avanti è stato un pot-pourri di emozioni e delusioni, di sacrifici e gioie irrefrenabili. Di grandi amicizie, nate e poi mantenute. Di grandi notti di sport senese, condivise con una città straordinaria. Di trionfi memorabili, vissuti ovviamente non da attore protagonista, ma che nel mio intimo sento miei al cento per cento. Dopo cinque anni, la possibilità di cambiare ruolo. Diventare team manager significava avvicinarsi molto di più al campo e allo spogliatoio, due ambienti a me familiari e dove mi sento a mio agio. La stagione del something-different, il fallimento della società e la ripartenza con la vittoria della serie B. Poi tre stagioni di A2. Ho ritenuto che fosse arrivato il momento di chiudere un altro capitolo, anche questo durato cinque anni e aprirne un altro”.
- Dal campo alla dirigenza marketing… perché?
“Credo che dopo cinque anni da team manager sia arrivato il momento di provare a fare qualcosa di diverso. Parlando con la proprietà è emersa questa opportunità e sono grato a Massimo e Filippo Macchi per non aver mai messo in dubbio il fatto che fossi la persona adatta per ricoprire un ruolo così importante. Ammetto che ci ho pensato molto prima di accettare, perché vado a fare quel che non ho mai fatto, anche se in linea con i miei studi universitari ed il mio percorso post laurea. Mi fa molto piacere il fatto di aver ricevuto messaggi di stima ed incoraggiamento da molte persone, dentro e fuori dalla società. Spero di ripagare con gli interessi la fiducia di tutti”.
- Quali obiettivi vuoi dare al brand della società?
“Credo che la prima cosa da fare sia ricostruire il valore non solo commerciale di un brand molto importante ma che nelle ultime stagioni ha vissuto momenti difficili. Ho la fortuna di conoscere tante persone fuori da Siena e la percezione che ho è che ci sia molto da lavorare in questa direzione. Tutto però deve partire da noi, dal nostro interno, dalla nostra serietà, dal nostro lavoro, dai partner che ci saranno a fianco. Mi piacerebbe instaurare con i nostri partner rapporti di reciproca soddisfazione e convenienza, che non si limitino soltanto ad un logo sulla maglia, ma costruire per loro eventi e campagne marketing su misura. Mi piacerebbe che con il tempo queste partnership divenissero stabili e che fossero loro a considerarci preziosi per il loro lavoro e non solo viceversa. Per questo presenteremo a breve delle proposte strutturate ai nostri partner attuali o potenziali. Come dicono gli americani One Step at a Time e non per forza tutto e subito”.
- Sarà dura star lontano dal campo?
“Mi mancherà il contatto quotidiano con i giocatori, ma chi pensa in questo modo di avermi allontanato dal campo si sbaglia di grosso. È ovvio che la passione resta intatta, l’adrenalina del risultato altrettanto. Non siederò più in panchina, ma in prima fila certamente si...Non vedo questo mio nuovo incarico come un distacco dalla parte sportiva, anzi, credo che il direttore marketing debba avere un contatto diretto e quotidiano con lo staff sportivo, con cui condividere idee e sviluppare progetti. E poi continuerò ad interessarmi di basket a 360 gradi come ho sempre fatto. Sono contento che il mio vecchio ruolo verrà occupato da Gianpaolo Toscano, perché oltre ad essere un professionista in altri settori dal quale ho solo da imparare, è anche una persona per bene, molto più mensanino di me, che conosce la realtà, che l’ha vissuta prima da giocatore, poi da allenatore, da addetto agli arbitri e, adesso, da team manager”.
- Emozioni e impressioni conclusive?
“Sono curioso ed ansioso di vedere se le mie idee saranno comprese e funzionali al progetto. Quando facevamo l’Eurolega ho partecipato diverse volte al marketing summit dove si riuniscono tutti i responsabili marketing e comunicazione delle squadre di Euroleague ed Eurocup e dove intervengono veri e propri guru della materia provenienti da NBA o Premier League per proporre idee e iniziative. Ammetto che la prima volta mi sono chiesto: ‘Cosa c entro io con tutta questa roba qua?’ Poi con il passare degli anni ho maturato la convinzione che certe idee, pur con le dovute cautele, potrebbero essere funzionali anche nel nostro piccolo. Vedremo”.
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