Bermè Viola, il presidente Branca scrive al cestista Laganà
La lettera del presidente di Reggio Calabria allo sfortunato giocatore
Caro Marco,
quando le beffe della vita provano a fiaccarci, proprio in quel momento siamo soli con noi stessi, anche se, come sta capitando a te, travolti da affetto di familiari, amici, simpatizzanti, tifosi e sconosciuti.
E da solo ce la farai anche stavolta perché lo sport è in primis una sfida continua con noi stessi, una tenzone ad alzare sempre più l'asticella.
Sai quale è la differenza tra un giocatore che è diventato tale come te e uno che non ce la ha fatta? Semplicemente esserci ed essere là, sul palcoscenico migliore che c'è, perché per essere là ti sei saputo rialzare mille e mille volte, da cadute forse meno eclatanti, rumorose di un ginocchio che fa crac ma non per questo meno difficili da metabolizzare, assorbire, superare.
E, ancora, sai perché ci sei riuscito? No, il talento non basta...ci sei riuscito perché guardare oltre è una capacità innata, l'orgoglio di dimostrare a te stesso che non è il caso a orientare la tua carriera e la tua vita è dote rara e inconfondibile al punto di diventare imprinting, marchio di fabbrica. Non sto qui a dirti frasi fatte o a sottolineare le dinamiche del destino cinico e baro.
Ti dico, invece, da modesto conoscitore dello sport, che la malasorte si è accanita su tanti e tra questi c'è chi si è piegato definitivamente e chi, invece, ha reagito ed ha anche, ad esempio, alzato una coppa del mondo, come Paolo Rossi nell'82 senza tutti e quattro i menischi, quando per una rottura del menisco capitava anche di dover smettere.
E la differenza, tutta la differenza del mondo, la fai tu, la fa la tua anima. Non c'è tifoso, non c'è amico, nemmeno fratello o mamma e papà che possano veramente incidere su questo processo che tu, peraltro, hai già affrontato con la fierezza derivante dall'essere comunque figlio di valori che si riconducono al tuo essere un Laganà/Romeo (non me ne voglia papà Lucio).
Da Presidente della Viola, ma prima ancora da reggino rapito dal basket, il tuo vederti in serie A è un vanto, un orgoglio ed anche un obiettivo per la mia società: lavorare per far sì che i nostri giovani possano esercitare almeno nel basket il diritto ad ambire al massimo a casa loro, senza dover emigrare prematuramente.
Metti da parte queste righe e usale quando tra qualche mese i riflettori si saranno spenti e sarai da solo in una palestra a piangere per il dolore degli esercizi di rieducazione, mentre altri tuoi coetanei saranno a bere un mojito da qualche parte.
Ma ricorda che per essere un eletto (e chi gioca in serie A lo è eccome) bisogna saper sopportare carichi eccezionali, sul fisico e nello spirito.
E, rovesciando il ragionamento, tu un eletto hai già dimostrato di esserlo, dunque come cantava Vecchioni, "il futuro è già stato e non lo puoi più cambiare..."
Tornerai, campione, certamente tornerai.
Ti abbraccio.
Giusva Branca (presdinete Bermè Viola Reggio Calabria)