Il General Manager della Virtus Roma, Simone Giofrè, ha rilasciato questa intervista al nostro sito ufficiale per tracciare un primo bilancio sulla stagione della Virtus al termine della regular season e fare un punto sul campionato di A2 più in generale.
Un bilancio sulla regular season della Virtus?
«Estremamente positivo per i risultati ottenuti con un gruppo quasi interamente nuovo e per il gioco espresso che ci ha permesso di ricreare entusiasmo attorno alla Virtus. Per valutare questa stagione bisognerebbe però partire da lontano, non dimenticando che per un mese, nel mese più “rapido” e concitato della stagione sportiva, siamo stati “fermati” per poi essere riammessi al campionato, penalizzati dunque nella costruzione della squadra, così come altre mille difficoltà che abbiamo dovuto affrontare, non ultima la diminuzione del budget originale in corso d’opera per cause esterne. Però, onestamente, non cambierei nulla di questa stagione, neppure le difficoltà perché le abbiamo affrontate con molta lucidità e professionalità, tutti insieme, con l’appoggio della nostra proprietà che ci ha sempre sostenuti e spronati a trovare internamente le soluzioni per affrontare le “novità” che via via capitavano».
Come considera il quinto posto finale?
«Abbiamo ottenuto 9 vittorie nel girone d’andata, con terzo posto parziale e qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia, e 8 vittorie nel ritorno. Siamo l’unica società laziale di A2 a essersi qualificata per i playoff e penso che questo dato debba essere visto come un’opportunità: la Virtus ha l’obbligo morale, per via del proprio passato, di fare da traino a tutto il basket romano e laziale. È stata una stagione dove ha regnato l’equilibrio ma abbiamo comunque la sana presunzione di pensare che se siamo arrivati ai playoff è perché ce lo siamo meritati lottando partita dopo partita. Ovviamente ci piacerebbe confermare anche in futuro il nostro ruolo di traino per le società del nostro territorio, perché i valori che la Virtus da sempre incarna sono quelli della sportività e della gestione professionale e sana del Club, principi che sono orgoglioso vengano riconosciuti alla società per la quale lavoro».
Come entra la Virtus Roma ai playoff?
«I playoff sono per questa Virtus un risultato straordinario che però non deve e non vuole essere un punto di arrivo. Abbiamo riportato la Virtus Roma nel posto che le compete, ovvero a giocare per vincere. Sì, perché da oggi inizia un campionato tutto diverso. Da oggi si gioca per vincere un campionato, dopo aver fatto 30 partite in 7 mesi, da oggi se ne potrebbero giocare fino a 20 in 45 giorni. Certo, apparentemente potrebbe non sembrare un obiettivo adatto alla conformazione della nostra squadra, ma questi ragazzi meritano di continuare a sognare e io sarò il primo ad alimentare giorno dopo giorno questo desiderio, e poi vedremo dove riusciremo ad arrivare».
Quali sono le prospettive della squadra per la post-season?
«Ho molto rispetto per tutte le squadre che parteciperanno ai playoff ma noi non dobbiamo aver paura di nessuno, né delle squadre oggettivamente più attrezzate, né di quelle che se non vincono è una stagione negativa, né dei palazzetti pieni che troveremo. Abbiamo il dovere morale verso noi stessi, viste le difficoltà che solo noi sappiamo quanto abbiano inciso sulla nostra stagione, di affrontare ogni partita che avremo la fortuna di giocare come se fosse la finale di EuroLeague e sono certo che lo faremo con lo spirito giusto, con il sorriso, senza paura e con l’insana follia che ci contraddistingue».
Cosa l’ha soddisfatta di più e cosa invece vorrebbe vedere di diverso anche in vista della prossima stagione?
«Sono veramente orgoglioso di aver lavorato con questo gruppo di persone, a partite dai giocatori, passando per il nostro allenatore e finendo con il Presidente, e doppiamente soddisfatto per essere riusciti a creare un gruppo e un sistema di lavoro che ha fatto la differenza. Questo, il modus operandi di questa stagione, è quello che condividerò con il Presidente Toti suggerendo di provare a replicarlo nella pianificazione del prossimo futuro avendo funzionato molto bene».
Il futuro immediato sono quindi i playoff. Come si affrontano?
«Mi piacerebbe moltissimo vedere il Palazzetto dello Sport sold out perché i ragazzi se lo meriterebbero, per quello che mettono in campo. Mi vengono in mente i cinque tuffi sul parquet di Siena nella stessa azione da parte dei nostri giocatori: vi assicuro che non lasceranno nulla di intentato e che prima di uscire sconfitti dal campo avranno dato tutto. Non saremo la squadra più forte, ma abbiamo qualcosa che molti non hanno: umiltà, passione, piacere a giocare l’un per l’altro, merito di ragazzi straordinari ma anche di uno staff tecnico che ha creato il terreno perché ciò accadesse e di un gruppo di lavoro societario che ha coltivato questa terra giorno dopo giorno».
Parlando più in generale cosa ha detto questa stagione di A2? Che impressioni ha avuto dal campionato?
«Ha detto che ci sono tante piazze che meriterebbero la promozione in Serie A quando invece sarà una sola per le 32 partecipanti, ovvero il 3% di possibilità. Qualcosa di inconcepibile soprattutto se si pensa che alle spalle di ogni club ci sono proprietari che investono risorse importanti. Voi investireste in qualcosa che ha il 3% di possibilità di successo? Ecco, credo allo stesso tempo che questo campionato sia stato equilibrato ma purtroppo di un livello sempre in calando in quanto non vi è un numero sufficiente di giocatori italiani di livello omogeneo per le 32 squadre. Allargare la A2 ha fatto sì che il livello della lega si sia avvicinato di più a quello del terzo campionato. Ci sarebbero molte regole da cambiare ma onestamente non vedo molto interesse e collaborazione in questo».
Questa settimana andrà a Roseto per le Finali Scudetto under 20 Eccellenza: qual è attualmente la qualità dei giovani giocatori italiani? Come giudichi il movimento italiano giovanile sia a livello di settore nazionale che di club?
«La qualità dei giovani italiani è nelle media degli ultimi 4-5 anni. Purtroppo questa media non è molto alta e a mio parere le ragioni provengono da più lontano, dall’errore del protezionismo dei posti di lavoro in Serie A, dalla mancanza di vincoli e incentivi per favorire gli investimenti nei settori giovanili. Il discorso sarebbe molto lungo. Mi auguro di vedere qualche squadra audace a queste finali nazionali e non solo miniature di squadre di EuroLeague che giocano “di sistema” o speculano sull’avversaria. Mi piacerebbe rivedere una finale come quelle degli anni ’80 quando Antonello Riva da una parte faceva 52 punti e Davide Turel 58 dall’altra in una finale finita oltre i 100 punti, perché nelle giovanili bisognerebbe dare libero sfogo al talento e non la strozzatura dello stesso».
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