Marco Crespi: Dobbiamo mostrare aggressività nell'eseguire
Le parole del coach di Verona al sito della LNP
Benvenuto, Marco Crespi. Lo scorso anno la Serie A2 la vide da bordo campo, da analista tecnico delle dirette di Italbasket HD offerte su Sky Sport, al fianco di Niccolò Trigari. Che impressione le fece, quel campionato?
“Un torneo con tre caratteristiche ben definite: squadre dotate, nella maggior parte dei casi, di giocatori stranieri di qualità ma non accentratori di gioco; Società in gradi di trasmettere all’area tecnica, staff come squadra, motivazioni di obiettivi comune che poi si riflettevano anche nella filosofia di gioco; terzo, parlando più di stuazioni di gioco, esecuzioni di qualità ma ad una velocità diversa da quella della Serie A”.
Da allenatore della Scaligera Tezenis ora la nuova A2 la deve analizzare da dentro. Da dove iniziamo?
“E’ diventato a tutti gli effetti un campionato unico, non ci sono più Gold e Silver con ciò che si portano dietro. Ci sarà solo da giocare e vincere. In campo si va in 32 con una sola promozione, ed è anomalo. So che si lavora per ampliare le promozioni, mi auguro accada”.
C’era una Scaligera, oggi ce ne è una completamente diversa. Perché?
“Lo scorso anno il mio amico Ramagli utilizzava una rotazione ad otto giocatori. Quando sono arrivato, tre giocatori avevano già fatto scelte che li portavano lontano da Verona: Reati, De Nicolao ed Umeh. Per altri ruoli abbiamo poi fatto nostre valutazioni. La nuova Scaligera è nata così”.
Per mostrare quale volto?
“Aggressività nell’eseguire. Il 30% dei giochi si sviluppa nello spazio di 14 secondi. Il nostro roster è stato costruito per poter avere una aggressività superiore e costante per aggredire quelle situazioni di gioco”.
L’allenatore di Serie A entra nel suo spogliatoio, e parla ad una squadra composta di molti elementi stranieri, fino a sette. Chi è, quell’allenatore?
“Non bisogna pensare che il giocatore straniero non abbia concetti di gioco di squadra. E’ un luogo comune che detesto. L’americano nasce e cresce con l’esperienza del College, dove tutto passa dal senso di appartenenza, dalla filosofia del suo allenatore, da un sistema di gioco a memoria. Forse pure troppo. Quindi tende al gioco di squadra più del giocatore europeo. Se tu vedi un americano individualista è perché gli viene concesso. Mi sento di poter allenare a Verona così come ho fatto a Siena, nell’esperienza più recente in Serie A”.
E’ innegabile però che entrando in uno spogliatoio di Serie A2, con due extracomunitari, il modo di porsi è condizionato da un gruppo con caratteristiche sicuramente diverse.
“L’allenatore è colui al quale viene affidata la gestione delle risorse umane. Quindi deve conoscere la storia dei suoi giocatori. Ma sono tutti giocatori di basket, io vedo quello e non il loro passaporto. Il volume di gioco che saprai esprimere ti consente di creare l’opportunità e la verifica del campo. L’ambizione poterà i miei giocatori a puntare l’approdo della Serie A, e guai non lo fosse. Pure se potranno disporre di un minor numero di possessi. Da giocare con la stessa ambizione”.
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