Analisi della serie Virtus Roma-Lenovo Cantù
Proviamo ad analizzare i motivi del verdetto di questa serie
Premessa: questa serie è difficilissima da analizzare in quanto i fattori che l’hanno decisa sono principalmente motivazionali, piuttosto che tecnico-tattici.
Perché ha vinto Roma: come già anticipato prima, alla base della vittoria romana ci sono state le motivazioni. Infatti ci sono poche spiegazioni tattiche di fronte ad una squadra che, sotto 3-2 dopo aver perso una fondamentale gara 5 in casa, pur essendo più corta, con problemi di infortuni, con tutta la pressione contro, riesce ad espugnare prima il Pianella (non esattamente un campo facile) offrendo una prova da vera squadra, e poi a vincere con autorità la settima partita sospinta da un Palazzetto infuocato. Per un’impresa del genere non bastano il talento, la tecnica e l’organizzazione di squadra, ma servono cuore, grinta e coraggio. Caratteristiche che la squadra di Calvani ha già fatto vedere durante l’arco dell’annata, i capitolini infatti sono riusciti a trovare in Goss il leader della squadra (unico giocatore nella serie ad andare sempre in doppia cifra), in grado di prendersi sempre le sue responsabilità (tirando con il 54% da due nelle vittorie, particolarmente efficace in penetrazione). Oltre a questo ovviamente ci sono altri fattori che hanno contribuito al successo della Virtus. In primis Gli aggiustamenti di Marco Calvani. Prima di questi playoff tutti riconoscevano le sue doti di gran motivatore, ma in molti lo criticavano, non considerandolo un grande allenatore. In questa serie (ma anche con Reggio Emilia) invece ha dimostrato di essere in grado di far adattare la squadra agli eventi. Fondamentale è stata la zona 2-3, che ha spesso messo in crisi Cantù. Roma inoltre è riuscita a portare a casa il successo quasi sempre quando ha vinto a rimbalzo (+3.0 rimbalzi nelle vittorie, contro -3.6 nelle sconfitte).
Perché ha perso Cantù: come detto dallo stesso Trinchieri, la squadra brianzola ha problemi di tenuta mentale, come dimostrato dalle tante rimonte subite nell’arco delle sette partite di questa serie (Cantù ha infatti sempre chiuso avanti a fine primo tempo fatta eccezione per gara 7). Clamorosa è stata ad esempio la rimonta romana in gara 1 dal -19 in 12’. Oltre a gara 1 però Cantù ha perso un’altra grandissima occasione in gara 6, quando aveva il primo matchpoint della serie, giocando in casa, ma non riuscendo a replicare all’aggressività romana. In gara 7 invece, secondo matchpoint, Cantù non è neanche scesa in campo, subendo per quaranta minuti l’intensità della Virtus. Questa discontinuità della squadra di coach Trinchieri è anche dovuta alla sua organizzazione di gioco, infatti troppo spesso Cantù si è basata solo e soltanto sul tiro da fuori, soprattutto quando Tyus, probabilmente unico giocatore di spessore con una vera dimensione interna, è stato limitato da Lawal. Inoltre Cantù durante la serie si è troppo spesso dimostrata Ragland-dipendente: la talentuosissima point guard americana è stata infatti fondamentale durante i momenti favorevoli a Cantù, senza però riuscire ad incidere nei momenti favorevoli a Roma. Aradori invece è stato probabilmente il migliore per i brianzoli, riuscendo a essere incisivo sempre, tranne che in gara 6.
Onore agli sconfitti, ma questa serie probabilmente dalle parti di Cantù verrà ricordata a lungo come “la serie dei rimpianti”.