Analisi della serie Roma-Reggio Emilia
Proviamo a spiegarci perché ha vinto Roma e perché ha perso Reggio
Perché ha vinto Roma: la squadra di coach Calvani ha avuto il grande merito di vincere le partite che non poteva sbagliare: ha vinto gara 2, senza Taylor e Lawal, dopo aver perso la prima partita della serie, ha espugnato Reggio in gara 4, quando una sconfitta sarebbe significata 3-1 nella serie per gli emiliani, si è portata avanti in gara 5, impedendo alla Trenkwalder di potersi giocare il passaggio del turno in casa, e infine ha vinto la decisiva gara 7, dopo il colpo psicologico della rimonta subita in gara 6. La Virtus ha quindi dimostrato una volta di più in questa stagione di avere una grande solidità mentale, restando unita anche nei momenti più duri si è visto quanto avere un gruppo unito sia fondamentale in una serie di playoff. Pedina fondamentale del successo della Virtus nella serie è stata senza dubbio la crescita esponenziale di Bobby Jones, probabilmente il peggiore nella regular season considerando il ruolo che avrebbe dovuto avere, che nelle ultime 4 partite della serie ha tenuto la media di 12,5 punti e il 47% da tre contro i 5 con il 25% delle prime tre gare. Ottimo anche in marcatura su Cinciarini a larghi tratti. Fondamentale è stato chiaramente anche l’MVP del campionato, Gigi Datome, che nella serie di playoff contro la Reggiana ha viaggiato a 18,9 punti e 20,7 di valutazione di media. Roma ha vinto quando ha stretto le maglie della difesa (nelle vittorie romane Reggio ha segnato 63,5 punti contro gli 83,3 delle sconfitte), riuscendo a correre in contropiede, fase del gioco in cui la squadra di Calvani, specie quando in campo c’è Jordan Taylor, rende di più. Decisivo è stato anche il dominio a rimbalzo romano (35,9 carambole a partita contro le 27,7 degli emiliani)
Perché ha perso Reggio: la Reggiana è stata bravissima a buttare il cuore oltre l’ostacolo, a lottare contro la stanchezza che andando avanti nella serie si è fatta sempre più evidente, è riuscita a rimontare 18 punti alla Virtus nel secondo tempo di gara 6. Ma tutto questo non è bastato. Innanzitutto Reggio ha avuto il grosso problema della discontinuità, specialmente in Taylor e Bell, gli unici giocatori del roster di coach Menetti in grado di crearsi tiri da soli dall’1vs1. Il miglior marcatore del campionato è stato messo in difficoltà dalla difesa romana, che ha alternato diversi giocatori in difesa su di lui, D’Ercole, Bailey, J.Taylor, Jones e Datome. Il risultato è stato il 31,7% da due e il 36,8% da tre nelle sconfitte contro il 51,8% da due e il 58,3% da tre nelle vittorie. Bell ha invece segnato 13,3 punti di media nei successi reggiani contro i 9 nelle partite perse. Altalenante è stato anche Brunner, spesso ago della bilancia della truppa di Menetti, soprattutto difensivamente. Quando è riuscito a contenere le entrate degli esterni romani infatti Reggio è stata spesso in grado di fare ottimi parziali mentre quando lo svizzero ha avuto problemi nella difesa dell’area spesso gli emiliani hanno subito parziali abbastanza pesanti. L’unico giocatore che ha dato sempre il suo contributo è stato Cinciarini, eccezion fatta per la disfatta di gara 2. Essendo il gioco offensivo di Reggio Emilia basato principalmente sul tiro da tre, il rendimento della Reggiana è stato influenzato dalle percentuali dalla lunga: 34% nelle sconfitte contro il 45% nelle vittorie. La Trenkwalder è uscita dai playoff, ma onore a loro per la grande stagione disputata.