Biella, 'Where is the Love'
Pezzo dal blog Chi vuole essere rossoblu
DI GIAMPIERO CANNEDDU (www.chivuolessererossoblu.it)
BIELLA. Domenica all’intervallo lungo, il tabellone segnava -19. L’ultima azione, una tripla allo scadere, di tabellone, fuori equilibrio, di Richardson, dopo una palla persa dai rossoblù. Ci si guardava intorno: posti pieni più del solito, ma anche posti vuoti. «Siamo un po’ meno di 4mila» sospirava uno dello staff dell’Angelico Biella. «In un’altra stagione, ci sarebbe stato il pienone». Sì, come nel 2004: due di fila in casa, due missioni impossibili contro Cantù e Milano, due spareggi salvezza. Il PalaScatola sembrava a Salonicco il giorno di Aris-Paok, ma era di due colori soli, rossoblù. Biella le vinse entrambe, e si salvò. Ci si salvò, insieme. In sei: cinque in campo e gli altri sugli spalti.
Canticchiavo nella testa il ritornello di “Where is the love?” dei Black Eyed Peas, dov’è l’amore, quando le squadre sono tornate in campo nel terzo quarto. Pensavo avessero tutti ragione: quelli scoraggiati, quelli che la magia di quell’insieme non ci fosse più, quelli che erano rimasti a casa a guardare la neve che cadeva anche se il secondo biglietto ieri costava solo due euro. Poi, in due minuti, un parziale di 9-0. Il Lauretana Forum e la sua acustica perfettina (l’eco inconfondibile del PalaScatola rendeva impossibili i concerti ma avrebbe amplificato a dismisura il pandemonio, in giornate come ieri…) sembravano rumorosi e decisivi come nei giorni migliori. La rimonta era lì a un passo, la squadra aveva mollato di brutto per quasi un intero quarto (storia già vista, purtroppo) ma era tornata in campo con gli occhi della tigre di Goran Jurak e la rabbia pura di Kevinn Pinkney. Jurak, che allenava compagni e spettatori a quasi ogni azione: per esempio, quando Trey Johnson ha gettato via un passaggio e il pubblico rumoreggiava. E lui, con le due manone, a indicare: «State calmi». E poi a sventolarle in aria a dire: «E adesso che attaccano loro, fate casino». E poi la gente che, anche sul -19, teneva in grembo il volantino di #iocisono per compilarlo e promettere che anche l’anno prossimo ci sarebbe stata, lì sul seggiolino, a soffrire con la passione nel cuore e un abbonamento in tasca.
Alla sirena il -19 era diventato -5. E la distanza dalla salvezza era -4, ma con una partita in meno a disposizione e, forse, tre avversarie in meno su cui fare la corsa (Avellino, ma anche Virtus Bologna e Montegranaro). E il pubblico innamorato borbottava, si disperava, si abbatteva come fanno gli innamorati delusi. E, come è prassi nel mondo dello sport, partiva la caccia al colpevole. Cancellieri, innanzitutto, che dal banco degli imputati forse non è mai sceso. Ma è arrivato alla partita senza il metronomoSoragna (e tutta quella fatica ad attaccare la zona nel secondo quarto, senza di lui, si è notata) e con Tsaldaris a mezzo servizio (zero canestri dal campo, per dire). Nonostante questo, quanto a valutazione complessiva l’Angelico batte la Sidigas 85-77, con Avellino portata a 20 palle perse anche dall’aggressività difensiva voluta da Canc, anche se poi la coperta si accorcia e regala triple a giocatori smarcati. Che, per la legge di Murphy, aspettano Biella per fare il best in career (ieri è toccato aDragovic, record di punti, valutazione e tiri da tre in serie A per lui). E poi Trey Johnson, che ieri sera vedeva il canestro stretto come una fede nuziale: 2/13 al tiro non è da lui. Ma ha servito sei assist (all’anima dell’egoismo…), nell’asse con Pinkney che da tre partite a questa parte è illeggibile per le difese (ecco perché porta palla così spesso). E il suo plus/minus è -4, mentre quello dell’idolatrato Spinelli è -3. E poi la dirigenza per gli errori di inizio stagione, e poi gli spettatori che non c’erano, prova che non è più come una volta…
Eppure no, non è proprio tutto da buttare, se non l’umore nero. Intanto 3860 spettatori a vedere l’ultima in classifica in trend negativo (pur con la promozione dei biglietti) significano 500 spettatori in più che a Caserta, dove è appena arrivato un messia bolognese a salvare i conti della società e dove arrivava Siena, poi pure battuta. E 180 in più che nella Cantù da Eurolega. E 3860 spettatori al PalaScatola avrebbero fatto il tutto esaurito con la coda di gente rimasta fuori che, per il morale, fa più effetto di un seggiolino vuoto. E nonostante tutto, nonostante la classifica e i processi sommari, i ragazzi di #iocisono stanno faticando a fare i conti di quanti moduli compilati siano stati restituiti ieri al palazzetto (a occhio e croce, tra i 150 e i 200, per un totale che in una settimana sfiorerà quota 300). E stamattina, dopo tutta la delusione, qualcuno ha compilato il form su internet. Abbonarsi dopo aver perso lo spareggio-salvezza: ecco la risposta alla domanda del ritornello “Where is the love”. L’amore è qui, insieme a un sacco di cose buone. Buttiamo via quelle riuscite male, dal secondo quarto di ieri all’inizio di stagione zoppicante, alla sfiga di capitan Soragna. E teniamo l’amore. E cambiamo ritornello. C’è quello di Lenny Kravitz: “It’s not over until it’s over”. Non è finita. E allora che si combatta.