Intervista a tutto campo al presidente di Biella, Massimo Angelico
Il numero uno di Pallacanestro Biella parla di presente e futuro
BIELLA. Alla vigilia di uno dei momenti più importanti nella storia di Pallacanestro Biella (domenica alle 18,15 all’Adriatic Arena di Pesaro si gioca la cruciale sfida salvezza contro i marchigiani), scende in campo il presidente, Massimo Angelico. Squadra, società, futuro, territorio: il numero uno rossoblu parla di tutto, sperando che il progetto rossoblu non si esaurisca, ma continui a regalare gioie ai biellesi ancora per lunghi anni.
Massimo, le domande che assillano i tifosi sono due. La prima: quante possibilità ha la squadra di salvarsi?
La salvezza dipende soprattutto da noi, sono ottimista. Lo staff tecnico e i giocatori ce la stanno mettendo tutta per portare a casa questo obiettivo. Domenica scorsa non potevamo fare di più, abbiamo incontrato quella che oggi forse è la miglior squadra del campionato. La nostra stagione riparte questo weekend contro Pesaro. Bisogna azzerare tutto sul piano mentale, abbiamo ancora un intero girone da disputare. Il roster è nuovo, ci sono giocatori più esperti, che danno una grande mano all’allenatore e, a differenza dei giovani, sanno cosa bisogna fare per vincere.
Veniamo alla seconda domanda: quante percentuali ci sono di iscriversi alla prossima stagione?
Il futuro non è solo nelle nostre mani, quindi lo vedo più difficile. Noi ci siamo e credo che anche i nostri soci non vogliano mollare: in questi ultimi anni hanno fatto sforzi incredibili per tenere in vista questa società. Bisognerebbe aggiungere altre risorse, ma non è facile: le aziende oggi faticano a restare in piedi, gli enti pubblici non hanno soldi, le possibilità diminuiscono.
Ecco, forse il punto è questo. Una città in regressione come Biella può ancora permettersi il lusso di mantenere la serie A di basket?
Personalmente, credo che il Biellese, se fa squadra, sia ancora in grado di far vivere dignitosamente questo progetto di eccellenza, che regala emozioni a migliaia di persone e l’opportunità di giocare a tanti giovani. Il momento è critico per tutto il Paese, non solo per il nostro territorio: realtà come Caserta, Avellino, Montegranaro sono in difficoltà quanto noi. Nella ricca Treviso, una piazza storica, la pallacanestro è sparita.
Ha l’impressione, in questa stagione, che i biellesi diano oramai per scontata la serie A? In fondo, per Biella, restare 12 anni di fila in A1 è come per una big vincere l’Eurolega o più scudetti...
Un calo di entusiasmo credo sia fisiologico. Penso però che la gente capisca quanto sia difficile rimanere ad alto livello per così tanto tempo e ci sia vicina. L’applauso del pubblico, nonostante la sconfitta contro Sassari, mi fa ben sperare.
Come ha letto lo sfogo di Atripaldi a Radio City?
Marco è in prima linea da 20 anni su tutti i fronti del progetto Pallacanestro Biella e conosce la situazione meglio di chiunque altro. E stanco, nel senso che vive con sofferenza questa stagione travagliata e leincertezze legate al futuro. Però ci tiene da morire: quando una persona si infervora così tanto, vuol dire che ha a cuore le sorti di una società, di una squadra. Sarebbe stato preoccupante se non avesse fatto o detto nulla. Io credo che la sua sia stata la classica ultima chiamata. Vuole far capire a tutti cosa stiamo vivendo. Quello che ha detto, ossia che negli ultimi quattro anni si sta assistendo a un triste declino è vero: il budget è sempre diminuito, da quattro stagioni ci sono meno entrate e meno soldi da spendere e nelle ultime due eravamo sempre convinti di aver toccato la soglia minima. Finora siamo sempre riusciti ad andare avanti, però prima o poi arriva il punto limite, perché non si può continuare a tagliare all’infinito.
Come siamo messi al momento? Diciamo che faremo come sempre di tutto per proseguire, ma se dal territorio non arriverà nessun aiuto, la strada si farà sempre più difficile.
Ha parlato di minori risorse. Una importante, che ora non c’è più, era il notaio Forni. Quanto ha pesato e pesa la sua fuoriuscita?
Il suo contributo non era così determinante, nel senso che metteva una quota come tutti gli altri e una parte è già stata ridistribuita tra i vecchi soci. Il problema vero, più che Forni, è stata la perdita di diversi sponsor sulla maglia, che cinque, sei stagioni fa fruttavano tra il milione e mezzo e il milione e settecentomila euro. Oggi, invece, si arriva a malapena al milione. Alcuni sponsor sulla maglia, come Coop, Orsi, Unione Industriale, non ci sono più. Voglio comunque ringraziare chi resiste, a partire dalla mia famiglia che ha sempre aumentato la sponsorizzazione, proseguendo con Lauretana, Bon Prix, Banca Sella e finendo con tutti gli altri.
Come va l’eventuale reperimento di nuovi soci e/o sponsor?
Aloi e Atripaldi hanno avviato dei contatti. La porta è sempre aperta. Lavoriamo su tutti i fronti, cercando aziende che possano dare 5mila euro come un milione. E se arrivasse uno sponsor importante, che avesse voglia di comparire come primo, sarei disposto a parlarne. C’è anche la possibilità di chiamare la società con due nomi: Pesaro, per esempio, è stata Scavolini-Siviglia.
Ecco Pesaro. Domenica è un match quasi da dentro-fuori...
E’ uno scontro diretto, ma non sarà decisivo. Ci sono ancora troppe partite da giocare. Ricordiamo quella stagione in cui alla fine del girone di andata eravamo tra le prime otto e poi ci siamo salvati all’ultima giornata contro Ferrara
Si aspettava in ogni caso un campionato così difficile?
Il problema è sempre quello che dicevo prima: quando si hanno meno soldi a disposizione, bisogna fare più scommesse, puntare su giovani e giocatori meno conosciuti. E non sempre le ciambelle escono con il buco. Adesso però abbiamo stravolto completamente l’organico e faremo di tutto per farlo funzionare a dovere.