Ade Dagunduro: 'Alla Virtus Roma porterò tanta energia'
Il giocatore nigeriano si racconta
Ade Dagunduro, uno dei nuovi acquisti della Virtus Roma, ha parlato a Il Corriere dello Sport delle sue origini e del futuro con la squadra della capitale. Ecco le parole del giocatore nato a Los Angeles ma 100% nigeriano. Dagunduro sta ancora facendo lavoro differenziato a causa di una botta presa alle Olimpiadi di Londra.
"Ade nel Paese di mio padre vuol dire corona: per avere questo nome servono origini nobili. Da piccolo giocavo a calcio ma negli Usa è considerato sport per ragazze E ho scelto il basket. Mamma è americana e papà nigeriano. E' stato un contrasto difficile ma allo stesso tempo molto utile. Sono cresciuto più velocemente rispetto ai miei coetanei americani perchè ho preso il meglio da entrambi le culture. Negli Usa pensano che il calcio sia uno sport per...ragazze. Io sono cresciuto con il calcio, la domenica da bambino giocavo con la famiglia ma dovevo farlo di nascosto dai miei amici, e praticare con loro i classici sport americani. Però anche adesso continuo a giocare a pallone, specie in estate: il calcio mi serve per sviluppare la resistenza. E poi, pensando al basket tutto l'anno, così cerco di staccare mentalmente. Sono nato a Los Angeles, ad un minuto da Inglewood (arena dei Lakers dove giocavano Magic, Cooper e Jabbar, ndr). Io e mio fratello ci intrufulavamo spesso dentro per vedere un allenamento o una partita. E' lì che è nato il mio amore per questo sport. Comunque il mio idolo è sempre stato Olajuwon, il campione nigeriano, per una questione di rispetto verso mio padre: volevo dimostargli il mio amore verso la sua cultura. Lui mi diceva che Olajuwon era mio zio, e io ci credevo davvero: ma in Nigeria quando si dice zio, si intende una persona più grande di te e amico di tuo padre. L'ho capito più tardi...Da bambino frequentavo una scuola cristiana. Mio padre invece aveva una mente più aperta in fatto di religioni, Dall'altra parte della strada c'era una moschea, sono cresciuto scoprendo le loro abitudini. Poi ho sentito che mi mancava qualcosa. E quel qualcosa era la figura di Gesù, il mio Salvatore. Io cerco di testimoniare il mio credo in ogni cosa che faccio. Certo, c'è un certo contrasto tra II mio modo di giocare molto aggressivo e l'essere un buon cattolico. In campo saluto sempre il Signore con alcuni gesti; e allo stesso tempo spiego a tutti che in campo sono un duro, ma fuori sono un'altra persona. Cambiata la vita dopo la vittoria contro la Grecia al Torneo di Qualificazione alle Olimpiadi? Non molto, visto che continuo a non riuscire a battere il mio fratellino ai videogame... A parte gli scherzi, è stato fantastico. Da quel giorno il mio agente è stato subissato di telefonate. A me basta però essere ricordato come uno di quelli che ha fatto parte di quel gruppo. Pensare che in giro per il mondo ci sono 200 milioni di nigeriani e che io sono uno dei 12 atleti che li rappresenta, mi rende orgoglioso. Cosa porto alla Virtus? Tanta energia. So giocare in più ruoli. Mi piace pensare di essere già un giocatore maturo che può essere d'aiuto ai più giovani. Una maniera di essere un leader è allenarsi sempre più duramente degli altri. Dormiglione? Vero. Se non ho impegni, in teoria potrei dormire per 24 ore di fila. Gli allenamenti di coach Calvani sono così duri che potrebbero aiutarmi a riuscirci! Ma per il momento non ho ancora avuto un giorno libero per provarci... Ade in Nigeria significa corona. Se mi sento un re? No, no: magari più un principe. Perchè per avere questo nome in Nigeria, bisogna avere del sangue blu nelle vene. Il mio bisnonno infatti era il re della sua tribù a Illesha. Da noi ci sono molte tribù e molti re. Ma quando uno si presenta come Ade, si dà per scontato che sia di discendenza nobile".