Il ritorno di Terry Driscoll: 'Grazie Virtus, per te ho dato il massimo'
Il comunicato della società
Quando il “bostoniano” ha varcato la soglia della palestra Porelli, l’emozione ha coinvolto le oltre cento persone che erano lì per vederlo, molti per rivederlo. Edward Cuthbert Driscoll, confidenzialmente Terry, è l’amico americano che qui, in casa Virtus, nessuno ha dimenticato. Un bianconero a vita. Una leggenda che ha fatto la storia e ancora è un’ispirazione per chi costruisce il futuro.
Semplice e naturale, con uno così, riandare a quegli anni ruggenti, rivedere lo scudetto vinto da giocatore, nel 1975-76, dopo un’astinenza ventennale, o i due consecutivi conquistati da coach, nel 1979 e nel 1980, grazie ad una geniale intuizione dell’avvocato Porelli, che lo volle al timone bianconero a fine carriera.
“Terry aveva classe”, ricorda salutando l’ospite graditissimo il presidente Alberto Bucci, “ma sapeva anche farsi rispettare. E’ un pezzo della nostra storia, e in quegli anni era diventato parte di Bologna”. C’è tutta la dirigenza, a far festa al mito. Insieme al presidente, il vicepresidente Giuseppe Sermasi, l’amministratore delegato Alessandro Dalla Salda, il consigliere Claudio Albertini, il presidente della Fondazione Daniele Fornaciari. Ci sono compagni di allora: Gigi Serafini, Loris Benelli, Aldo Tommasini. C’è Dino Costa, che andò a prenderlo a Milano quando sbarcò in Italia la prima volta. E ancora Romano Bertocchi, che della V nera è stato presidente ed allora coltivava la sua passione di tifoso. Ci sono i ragazzi delle giovanili bianconere, ad ascoltare la storia di uno che ha fatto la storia.
“Sono arrivato da ragazzo”, ha ricordato il campione, “ma un problema alla caviglia mi limitò. E se sono tornato dopo sei stagioni americane lo devo a mia moglie Susan, perché non è facile riprendere la strada dell’Italia con un figlio di quattro mesi e un cane… Fu una fortuna, perché sono stati anni bellissimi. Bologna è diventata casa nostra, mia figlia è nata qui, e quando d’estate rientravamo negli States c’era sempre la voglia di tornare a casa, a Bologna. E’ un onore essere qui, e sentirmi considerato come uno che ha dato un contributo alla storia della Virtus. Non sono mai stato un tipo speciale, ma ho avuto una grande opportunità e ho fatto il mio lavoro meglio che potevo. Ha dato frutti importanti, e ne sono orgoglioso. Devo dire grazie a un personaggio che la Virtus non dimenticherà mai, l’avvocato Porelli: aveva una visione moderna della società e della pallacanestro, senza di lui non ci sarebbe quello che c’è oggi. Sarò sempre in debito nei confronti di un uomo così”.
Applausi, brividi, ma anche sorrisi ascoltando gli interventi di due grandi firme del giornalismo bolognese, Gianfranco Civolani e Giorgio Comaschi, che ha raccontato di un’improbabile ma imbattibile coppia, formata da lui e dal “bostoniano”, terrore degli avversari sui campi di tennis della città.
Terry Driscoll è tornato a Bologna. E’ tornato nella casa bianconera. Perché la Virtus è nel cuore, come lui è per sempre nel cuore dei virtussini.
Semplice e naturale, con uno così, riandare a quegli anni ruggenti, rivedere lo scudetto vinto da giocatore, nel 1975-76, dopo un’astinenza ventennale, o i due consecutivi conquistati da coach, nel 1979 e nel 1980, grazie ad una geniale intuizione dell’avvocato Porelli, che lo volle al timone bianconero a fine carriera.
“Terry aveva classe”, ricorda salutando l’ospite graditissimo il presidente Alberto Bucci, “ma sapeva anche farsi rispettare. E’ un pezzo della nostra storia, e in quegli anni era diventato parte di Bologna”. C’è tutta la dirigenza, a far festa al mito. Insieme al presidente, il vicepresidente Giuseppe Sermasi, l’amministratore delegato Alessandro Dalla Salda, il consigliere Claudio Albertini, il presidente della Fondazione Daniele Fornaciari. Ci sono compagni di allora: Gigi Serafini, Loris Benelli, Aldo Tommasini. C’è Dino Costa, che andò a prenderlo a Milano quando sbarcò in Italia la prima volta. E ancora Romano Bertocchi, che della V nera è stato presidente ed allora coltivava la sua passione di tifoso. Ci sono i ragazzi delle giovanili bianconere, ad ascoltare la storia di uno che ha fatto la storia.
“Sono arrivato da ragazzo”, ha ricordato il campione, “ma un problema alla caviglia mi limitò. E se sono tornato dopo sei stagioni americane lo devo a mia moglie Susan, perché non è facile riprendere la strada dell’Italia con un figlio di quattro mesi e un cane… Fu una fortuna, perché sono stati anni bellissimi. Bologna è diventata casa nostra, mia figlia è nata qui, e quando d’estate rientravamo negli States c’era sempre la voglia di tornare a casa, a Bologna. E’ un onore essere qui, e sentirmi considerato come uno che ha dato un contributo alla storia della Virtus. Non sono mai stato un tipo speciale, ma ho avuto una grande opportunità e ho fatto il mio lavoro meglio che potevo. Ha dato frutti importanti, e ne sono orgoglioso. Devo dire grazie a un personaggio che la Virtus non dimenticherà mai, l’avvocato Porelli: aveva una visione moderna della società e della pallacanestro, senza di lui non ci sarebbe quello che c’è oggi. Sarò sempre in debito nei confronti di un uomo così”.
Applausi, brividi, ma anche sorrisi ascoltando gli interventi di due grandi firme del giornalismo bolognese, Gianfranco Civolani e Giorgio Comaschi, che ha raccontato di un’improbabile ma imbattibile coppia, formata da lui e dal “bostoniano”, terrore degli avversari sui campi di tennis della città.
Terry Driscoll è tornato a Bologna. E’ tornato nella casa bianconera. Perché la Virtus è nel cuore, come lui è per sempre nel cuore dei virtussini.
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