Carlo Recalcati racconta il suo addio a Cantù: Difficile lavorare senza vedersi mai
Recalcati: Sapevo di trattative che passavano sopra la mia testa. L’ho detto a Gerasimenko e parlando della trattativa Francis mi ha detto: i soldi sono miei e la squadra la faccio io
Carlo Recalcati, che ha lasciato dopo pochi mesi la panchina della Pallacanestro Cantù, in una lunga intervista a La Provincia di Como ha spiegato i motivi del suo addio.
La situazione è “precipitata” con il mancato arrivo di Marcus Landry con cui si era raggiunto un accordo.
“Dal quel momento sono stato messo in disparte. Mai più consultato. Sapevo di trattative che passavano sopra la mia testa e non credo sia il modo redditizio di fare una squadra” ha detto il coach. “L’ho detto a Gerasimenko e parlando della trattativa Francis mi ha detto: i soldi sono miei e la squadra la faccio io” ha aggiunto il coach che ha anche parlato della volontà di Gerasimenko di scendere in campo. “C’è stato un contrasto che si è sempre tenuto sui toni dello scherzo. Lui diceva: quando torno lei mi fa giocare vero? Io rispondevo: se lei si allena e dimostra di essere meglio di uno dei miei giocatori: di sicuro. Rispondevo così perché un conto è l’autorità ed un conto l’autorevolezza. E io con la mia squadra volevo mantenere autorevolezza. Gerasimenko? E’ sicuramente particolare. Ma credo che gestire tutto da lontano per lui sia più difficile. Ho fatto fatica ad instaurare un rapporto telefonico o via teleconferenza. Non è la stessa cosa che vedersi in ufficio e pianificare le cose. Alla fine questa cosa si è sentita".
La situazione è “precipitata” con il mancato arrivo di Marcus Landry con cui si era raggiunto un accordo.
“Dal quel momento sono stato messo in disparte. Mai più consultato. Sapevo di trattative che passavano sopra la mia testa e non credo sia il modo redditizio di fare una squadra” ha detto il coach. “L’ho detto a Gerasimenko e parlando della trattativa Francis mi ha detto: i soldi sono miei e la squadra la faccio io” ha aggiunto il coach che ha anche parlato della volontà di Gerasimenko di scendere in campo. “C’è stato un contrasto che si è sempre tenuto sui toni dello scherzo. Lui diceva: quando torno lei mi fa giocare vero? Io rispondevo: se lei si allena e dimostra di essere meglio di uno dei miei giocatori: di sicuro. Rispondevo così perché un conto è l’autorità ed un conto l’autorevolezza. E io con la mia squadra volevo mantenere autorevolezza. Gerasimenko? E’ sicuramente particolare. Ma credo che gestire tutto da lontano per lui sia più difficile. Ho fatto fatica ad instaurare un rapporto telefonico o via teleconferenza. Non è la stessa cosa che vedersi in ufficio e pianificare le cose. Alla fine questa cosa si è sentita".
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