Intervista a Diego Monaldi
Le parole del play di Sassari
Diego, primo obiettivo, i playoff di Fiba Champions League, raggiunto: era come una finale e l'avete vinta col Partizan nel modo migliore.
Non era una partita facile, però ce l'abbiamo fatta e abbiamo raggiunto uno dei nostri obiettivi, ovvero far parte dei playoff della Basketball Champions League. Il nostro pubblico ci ha dato una grossa mano, ieri c'erano tantissime persone come mai eravamo riusciti a portarne finora in coppa e questo è stato un valore aggiunto per raggiungere la vittoria. Ora dobbiamo pensare alle prossime partite e sarebbe stupendo proseguire in questo modo.
A proposito, dopo quattordici partite che giudizio dai e idea ti sei fatto di questa coppa?
So che era una competizione nata tra le polemiche, ma non pensavo che il livello potesse essere così alto. E' davvero un'esperienza unica, puoi confrontarti con club che hanno fatto la storia della pallacanestro in Europa come Partizan, Aek Atene e Besiktas preparate e forti, respiri davvero un'aria diversa in campi dove la gente canta da quando entri in campo fino alla fine della partita.
Anche compagni di squadra che hanno già giocato altre coppe hanno la stessa impressione, crediamo insomma che sia destinata a crescere ulteriormente in futuro.
Il primo ricordo che hai in mente di questa prima fase?
L'ingresso al palazzetto dell'AEK mi ha lasciato senza parole, una struttura così non l'avevo mai vista e giocarci dentro è stato magnifico. E poi sono tutti posti dove c'è grande cultura della pallacanestro, i tifosi sono molto calorosi ma senza essere offensivi e scorretti e incitano sempre, a prescindere dal risultato: cantano fino alla fine che si vinca o si stia perdendo.
Si vede il loro attaccamento, hanno sempre maglie e sciarpe addosso, ma è notevole anche l'organizzazione e l'attenzione alle piccole cose, come trovare da mangiare nello spogliatoio appena arrivati.
Un passo indietro, di ritorno a questa Estate: perché la Serie A e non, ad esempio, una A2 di vertice?
Non ti nascondo che ho pensato diverse volte all'opportunità di giocare in una squadra di A2 di alto livello, ma sono altrettanto convinto che se certi treni passano, non puoi farteli scappare col rischio che non tornino più. Non mi aspettavo una chiamata del genere da parte di Sassari, ma mi ha spinto la possibilità di fare un discorso anche in proiezione futura e che non fosse di solo un anno. C'erano le basi per un eventuale progetto su di me per farmi crescere, ed era questo che volevo principalmente. Oltre all'opportunità di confrontarmi con una squadra molto forte e con giocatori di questo calibro, curioso di capire a chi livello fossi.
E, progetto futuro a parte, perché Sassari?
Per l'importanza della società, sapevo che è un ambiente in cui si lavora molto bene, e poi l'ingaggio di Baioni come assistente, che avevo già avuto come coach a Siena nel settore giovanile, è stato certamente un aspetto ulteriore che mi ha portato a questa scelta.
Dovevo decidere se guardare solo all'oggi o anche in prospettiva, allora ho scelto di lavorare su me stesso e crescere il più possibile. Ogni giorno vado in palestra con questo intento, sapendo che il lavoro può essere l'unico modo per crearmi più opportunità anche per giocare, senza guardare solo al momento attuale. E poi l'impressione del coach fu subito ottima, una bravissima persona che si comporta in maniera vera e sincera come pochi: credo che in questo ambiente sia fondamentale.
In più la prospettiva del duplice impegno ed un calendario molto fitto di partite...
Si, mi ha spiegato la necessità di avere un roster lungo per poter giocare tre partite praticamente ogni settimana. Andare in campo il martedì dopo l'impegno di campionato della domenica e in vista della giornata successiva richiede un numero più ampio di giocatori, in più il livello della competizione è molto alto e si corre il rischio di spremere troppo i giocatori. Sicuramente un altro fattore che mi ha convinto per questa opzione..
Con la necessità di cambiare anche il tuo modo di giocare: da tante responsabilità, pur ancora giovane, in A2 a tutto in pochi minuti nella massima serie...
Si, giocare tanto non vuol dire non averle, ma è molto più difficile farlo a questi livelli, dove, che siano 5-10-15 minuti, devi dare sempre tutto te stesso, cercando di non sbagliare niente. E' un' esperienza che mi interessava fare proprio anche dal punto di vista mentale, parte tutto da lì e se non sei concentrato, ti accorgi in un attimo di rimanere indietro. Non ci si può permettere alcuna distrazione e la differenza sostanziale è proprio questa: in Serie A cambia tutto già dall'avvicinamento alla gare, anche il prepartita, l'analisi video, gli scout del secondo e terzo allenatore sono elementi a cui porre la massima attenzione, altrimenti sorgerebbero grandi difficoltà...
Tra una partita e una trasferta, raccontaci la tua giornata tipo.
E' fatta di allenamenti doppi quasi tutti i giorni, perché anche quando torniamo da una trasferta non più tardi al massimo della mattina dopo c'è una seduta di lavoro individuale. Diciamo pure che di giorni liberi ce ne sono pochi o nulla e mi divido tra pesi, tiro e allenamenti individuali da aggiungere a quelli con la squadra.
E nel poco tempo libero...?
Sono un grande amante dei film, di qualsiasi genere. Mi appassiona parecchio il cinema, ma quando posso guardo anche partite principalmente di calcio e tifo Juventus. La playstation, al contrario, non mi prende tanto. Gli americani hanno sicuramente più passione, ma l'amicizia con giocatori dell'Est Europa come Stipcevic e Savanovic mi ha fatto scoprire una cultura nuova e completamente diversa. Che li porta ad allenarsi anche quando non dovrebbero, perché sono dei professionisti esemplari e con una grande etica del lavoro. E poi Dusko è un genio degli scacchi ed è riuscito a coinvolgere tutti compagni : non avevo mai visto un americano farlo, ora ci gioca mezza squadra. Poi abbiamo tutti gli appartamenti nello stesso palazzo, quindi anche questo facilita a
stare insieme e condividere tutto quello che si fa. Anche nelle difficoltà basta bussarsi e tutti sono sempre pronti a darsi una mano.
Di Donatello Viggiano per Agenzia MVP