Denis Marconato: La mia esperienza al servizio della squadra
Le parole del centro della Dinamo Sassari
Ritorni in Eurolega dopo tre stagioni, che effetto fa?
“È sempre una gioia calcare il parquet di questa competizione e non posso che esserne felice. Fa un certo effetto risentire l’atmosfera, tutto il mondo che ruota intorno a questa grande organizzazione che è l’Eurolega. Ovviamente è cambiata tanto e si è evoluta moltissimo, oggi gli gira intorno un intero universo e cresce anche la consapevolezza di chi ne fa parte”.
Come ci si relaziona all’Eurolega da veterano?
“Ovviamente sento un ruolo diverso nei confronti dei miei compagni, da mentore: avendo meno spazio sul campo metto a disposizione la mia esperienza in allenamento e fuori dal parquet, sempre pronto a dare consigli tecnici ma anche di atteggiamento ai ragazzi. Soprattutto ai miei pari ruolo”.
Cosa è cambiato rispetto a quindici anni fa?
“Oltre alla crescita della competizione come evento credo siano cambiate molto anche le squadre, oggi ci sono roster con 12 giocatori fortissimi dove il secondo quintetto se possibile è più competitivo del primo”.
A questo proposito come si affronta un match come quello con corazzate come il Cska o il Maccabi?
“Con la faccia di trudda _ride_ Una partita del genere si affronta a muso duro, pronti a dare il 110% in campo senza mollare mai. Come dice coach Meo non bisogna mai abbassare la testa; con corazzate del genere sono del parere che bisogna partire da subito con la giusta aggressività”.
Dal 2005 al 2008 hai vestito la maglia del Barcellona. Che ricordi hai?
“È stato un grande onore e un’esperienza magnifica che mi ha permesso di crescere molto come persona e come giocatore. Respirare l’aria di un grande club come il Barcellona ti dà una visione molto più ampia del basket europeo. In quelle stagioni abbiamo vinto relativamente poco, solo la Copa del Rey nella stagione 2006- 2007, ma è stato davvero un raro privilegio vestire quella maglia”.
Che squadra è la Dinamo 2015/2016?
“Credo sia una squadra dal potenziale incredibile, ora sta a noi dimostrarlo sul campo. A Istanbul abbiamo perso al supplementare perché non siamo stati abbastanza cinici nel chiudere la partita a un minuto dalla fine. Succede, stiamo crescendo sia in attacco che in difesa ogni giorno di più, ci sono errori che non commetteremo due volte”.
Che idea ti sei fatto sul gruppo D?
“È un girone tostissimo, d’altronde come tutti quelli di questa competizione. È lunga e bisogna affrontare partita dopo partita pensando che possono essere tutte abbordabili se affrontate con il giusto approccio. Ci si focalizza un match per volta, concentrati e aggressivi”.
Entriamo nella tua personalissima galleria dei ricordi, nella tua decade di stagioni di Eurolega che partita ricordi ancora con grande emozione?
“Sicuramente la finale giocata e persa con Treviso contro il Barcellona di Bodiroga l’11 maggio del 2003, nelle Final Four disputate a Barcellona. Noi eravamo allenati da Ettore Messina ed era la classica sfida di Davide contro Golia, loro erano una corazzata con campioni del calibro di Fucka, Bodiroga, Navarro, Jasikevicius etc. Noi gli abbiamo tenuto testa per gran parte della partita e avremmo forse potuta vincerla ma oggettivamente hanno meritato loro”.
Un frame della tua carriera, quello al quale sei più legato in assoluto?
“Senza dubbi l’argento olimpico del 2004: è singolare e profetico come entrambe le partite alle quali sono più legato siano state giocate al Palau San Jordi, il palazzetto di Barcellona. Ma il ricordo di quelle Olimpiadi nasce dalla preparazione durata quaranta giorni, si era formato un gruppo molto unito _chi se la dimentica quella Nazionale?_ e non avevamo grandi aspettative. Quando è finita non ci importava essere arrivati secondi, per noi era come aver vinto l’oro. Quando vinci qualcosa con la Nazionale, sali sul podio e senti l’inno che ti riempie il cuore, avverti davvero l’importanza di ciò che hai fatto. Un brivido ti pervade la schiena perché capisci di aver rappresentato il tuo paese nel modo migliore che un giocatore possa fare”.
Sei una bandiera del basket italiano, che consiglio daresti a un ragazzino che si sta avvicinando alla palla a spicchi?
“Uno solo: divertirsi! Giocare imparando senza sprecare tempo, iniziare a tirare, far girare la palla e soprattutto giocare di squadra”.