Grissin Bon Reggio Emilia: la presentazione della stagione
Alla vigilia della prima di campionato è tempo di previsioni e aspettative
"La mappa non è il territorio" A. Korzybski
Questo fine settimana inizierà il campionato delle quattro sorelle. Era da molto tempo che non si prospettava, almeno nelle premesse, un campionato all’apparenza così equilibrato, con quattro squadre dello stesso livello, Sassari, Reggio Emilia, Milano e Venezia, che si contenderanno fino alla fine lo scudetto sulla maglia.
Vediamo insieme come si presenta ai nastri di partenza la vice-campione di Italia Grissin Bon Reggio Emilia, fresca vincitrice della Supercoppa Italiana, giocata proprio contro le altre tre sorelle, consapevoli del fatto che, come sempre e come dice la frase in cima, la realtà andrà ben oltre qualsiasi previsione.
La struttura della squadra
Due anni fa è arrivò, direttamente dai New York Knicks, James “The Flight” White. L’anno scorso ci furono i botti Drake Diener, MVP del campionato e Darius Lavrinovic, reduce da un mondiale da protagonista.
Dato che alle cose belle ci si abitua in fretta, quest’anno il tifoso reggiano si aspettava un colpo almeno pari a quelli dei due anni passati e quindi ha iniziato a borbottare.
Tuttavia, se analizziamo la nuova squadra, quella di quest’anno appare senza dubbio più forte della precedente. E questo non è dovuto solo alla crescita esplosiva di Della Valle o dal fatto che si spera che Lavrinovic e Silins non replichino i 6 infortuni complessivi avuti l’anno passato.
La superiorità parte dalla radice, vale a dire dalla struttura: l’anno passato, complice due giocatori quasi all'esordio in serie A come Della Valle e Mussini, si scelse di avere un giocatore in più fra play e guardia, lasciando però scoperto il ruolo di cambio dell'ala piccola, Silins.
Con i molteplici infortuni del lettone e il gettone di Donnel Tayolor, disponibile solo fino a dicembre, il ruolo di ala piccola è stato per molti minuti occupato da Della Valle e Kaukenas, che concedevano agli avversari qualche chilo e qualche centimetro.
Quest'anno la costruzione del roster è molto più equilibrata. Nel caso malaugurato di infortunio di un teorico titolare, c’è sempre una o più alternative, senza che debba essere preso in considerazione un giocatore “adattato” al ruolo. Ad esempio, lo spot di ala piccola può essere occupato da Aradori e da Silins, quello di ala grande da Polonara, Silins e Pechachek. L'anno passato questa flessibilità non c'era ed è stata pagata in termini di fisicità, sopratutto in difesa e a rimbalzo, fino a quando Silins non è stato completamente recuperato.
Per il resto, dal punto di vista tattico, con il cambio della coppia di play (da Cinciarini/Mussini a Gentile/De Nicolao), gli uomini di Menetti giocheranno meno pick ’n roll e più situazioni in cui la palla girerà molto fra i componenti della squadra, provando a leggere i vantaggi.
Talento e Contesto
Anche se molti la pensano diversamente, il talento, nel basket, da solo non basta. E’ importante, anzi, forse è fondamentale, ma come altrettanto fondamentale è il contesto. Contesto e talento. Quante volte siamo rimasti sorpresi del fallimento di un ottimo giocatore, solo perché il contesto non lo ha messo in condizione di rendere al meglio. Altrettante volte ci siamo meravigliati di come alcuni giocatori che avevamo battezzato con delle etichette, sono rinati dopo aver cambiato aria e trovato nuove situazioni e nuove opportunità.
Per questo motivo, non c’è niente di più sbagliato che pensare che Reggio quest’estate abbia preso lo Stefano Gentile di Cantù. Non è così, infatti: in questa stagione scenderà in campo lo Stefano Gentile di Reggio Emilia e in molti penseranno che sono due giocatori diversi.
A Cantù c’erano molti americani, giovani, con i quali era più difficile giocare un basket di squadra sia in attacco che in difesa. A Reggio Emilia la squadra è fatta esclusivamente da giocatori europei, con i quali è più semplice amalgamarsi, capirne i movimenti difensivi che faranno e quindi reagire di conseguenza.
Diceva in un intervista Menetti, che i giocatori che vengono a Reggio spesso giocano la loro miglior stagione della carriera. Per quanto sia difficile verificare un’affermazione del genere, almeno ci sentiamo di comprenderne e condividerne il senso generale. Reggio gioca un basket dove il collettivo deve avere predominanza rispetto al singolo. Le scelte difensive sono chiare e aggressive, ma non funzionano non ci sono 5 individui sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda. Paradossalmente da questo tipo di gioco che mette la squadra al centro, il singolo viene fatto risaltare.
Per questo e altri motivi, non vi sorprendete se la prossima estate vedrete il fratello di Alessandro fra i protagonisti dell’assalto all’olimpiade. Noi siamo pronti a scommetterci.
Superato questo, c’è la fase due, vale a dire la capacità di adattarsi al contesto e riuscire a rendere bene a prescindere da dove ci si trova, seppur sia impossibile adattarsi a qualsiasi contesto. Sotto questo punto di vista, Pietro Aradori, che non è riuscito ad adattarsi come quasi tutti alla polveriera trovata al Galatasaray, ha impressionato per come è entrato nel ruolo di sesto uomo dell’ItalBasket questa estate. Anche se a Reggio si troverà a svolgere un ruolo diverso, gli europei estivi gli hanno permesso di crescere enormemente come giocatore. All’interno di una stagione ci sono partite in cui si deve essere capaci di cambiare maschera più volte e Pietro ha aggiunto alle sue caratteristiche una versatilità che lo farà salire di livello come giocatore.
Anche in questo caso, se siete pronti a scommettere che farà male nella sua prossima stagione reggiana, avete trovato qualcuno disponibile a fare da banco.
Gli anni d’oro del basket reggiano
Sui gradoni scomodi del Bigi si è seduta più di una generazione. Tutte hanno sognato, gioito e sofferto, ma quando mi capita di parlare con persone che che occupano lo stesso posto (mi piacerebbe dire seggiolino…) da venti, alcuni anche trent’anni, capisco subito che la Pallacanestro Reggiana che emerge dai loro ricordi é molto diversa rispetto a quella attuale. Quegli stessi tifosi, mai avrebbero pensato, neanche nei loro sogni più audaci, che Pallacanestro Reggiana avrebbe un giorno scalato i vertici del basket italiano per entrare di diritto fra le squadre più forti del campionato.
La vecchia Reggiana, nella testa dei tifosi storici, è rimasta una squadra di provincia, abituata a lottare inesorabilmente senza successo contro le corazzate avversarie. Ogni anno si sognava che accadesse il miracolo sportivo, ma in realtà non ci si credeva fino in fondo. Perché Reggio è cosí, non si prende mai troppo sul serio e non gli piace esagerare. E la finale scudetto dell’anno scorso, in sette gare e con tre tiri per vincere, è stata qualcosa più che “esagerata”.
Ma ora è tutto cambiato. Reggio si siede al tavolo delle quattro sorelle e lo fa senza timori reverenziali o complessi di alcun tipo. Anche i tifosi però si devono adeguare, con qualche borbottio in meno e un po’ di fiducia in più. Forse solo fra molti anni ci renderemo conto che stiamo vivendo qualcosa di speciale ed unico. Ci sono generazioni che non hanno mai neanche osato sognare quello che a Reggio Emilia si sta vivendo in questi anni. Come i fiorentini del 1400 non sapevano che stavano vivendo il Rinascimento, così noi non siamo consapevoli che questa sarà ricordata fra molti anni come l’epoca d’oro del basket reggiano. Il suggerimento é di godersi il viaggio. Durasse un giorno, un anno o tutta una vita.