Tecnica e rapidità: una analisi sul tiro di Federico Mussini
Facciamo un confronto fra il tiro di Mussini e quello dei maggiori campioni NBA
Ci dev’essere un legame al limite della pura superstizione fra un giocatore di basket e la propria tecnica di tiro. Gli allenatori più bravi riescono a modificarne il modo in cui porta palla, come e quando passa il pallone, possono anche fargli cambiare il colore delle mutande o la fede religiosa. Al contrario, sono rarissimi i casi di giocatori disposti a modificare anche se di poco la loro tecnica di tiro.
La motivazione è semplice: a basket l’obiettivo è fare canestro e quindi l’argomento è delicato. Come i capelli per Sansone, ogni giocatore è convinto che nella tecnica di tiro risieda tutta la sua forza, l’unico motivo che lo ha trascinato lungo la propria strada nel basket e quindi non è disposto a rischiare di perdere tutto quello che ha.
Sulla tecnica di tiro sono stati scritti libri (per citarne uno: Shot like a pro, di Adam Filippi) e non è in un articolo di qualche riga che si possono sviscerare tutti gli aspetti fondamentali di un tema cosí ampio, delicato e centrale del gioco. Tuttavia, se poniamo la nostra lente d’ingrandimento su un giocatore e lo mettiamo in relazione con alcuni dei suoi colleghi, possono emergere facilmente e senza entrare troppo nel dettaglio, alcuni aspetti interessanti.
Uno dei giovani tiratori emergenti in Italia è Federico Mussini, della Pallacanestro Reggiana. Federico ha un tiro diverso dalla maggioranza dei suoi colleghi, perché non tira in sospensione, cioè nel momento di maggior altezza del salto fatto per tirare, ma lo fa nella fase ancora ascendente del salto.
Diverse potrebbero essere le motivazioni, tuttavia, dato che questa caratteristica è comune ad alcuni giocatori meno strutturati dal punto di vista fisico, questa tecnica potrebbe essere l’eredità di come tirava quando era ancora più giovane.
Chiunque abbia giocato a basket da piccolo, vedeva la linea dei tre punti come una chimera: “chissà quando riuscirò ad arrivare al canestro da quella distanza”. Visto che i bambini non hanno ancora chiaro il significato della parola “no”, per farcela si inventano le più bizzarre tecniche di tiro. Chi con una mano tipo giavellotto, chi a catapulta dietro la testa, chi a scodella, chi con sette metri di rincorsa. Poi si cresce e la distanza da improbabile diventa possibile e la tecnica di tiro si modifica, fino ad arrivare al punto che la distanza non è più un problema, ma lo diventa solo la precisione.
La maggior parte dei giocatori professionisti tirano, per non farsi stoppare, nel punto più alto del salto, quando la forza ascensionale si è esaurita e il tiro è frutto della sola forza delle braccia. Tuttavia alcuni giocatori, non hanno modificato la loro tecnica che adottavano quando solo con le braccia non arrivavano al canestro, ma utilizzavano anche la forza delle gambe. Questa dovrebbe essere l’origine del tiro in fase ascendente di Mussini, che ora riuscirebbe a tirare in sospensione, ma preferisce rimanere con la sua tecnica di tiro, confortato anche dalle percentuali, che parlano per lui.
Per fare un confronto, abbiamo affiancato i fotogrammi del tiro di Mussini a quello di 4 protagonisti del basket oltre oceano: Steph Curry, Klay Tomphson, Kyle Korver, Kevin Durant. Se proprio ci deve essere un confronto, perché non farlo con i migliori?
Ma cosa analizziamo? Il tiro può essere spezzato in due fasi: la prima di “messa in ritmo”, in cui si allineano i piedi, ci si piega sulle gambe e la palla viene portata nel suo punto più basso, verso il parquet.
Nella seconda fase i piedi iniziano la spinta, la palla viene portata in alto fino allo scoccare del tiro. Dato che la prima fase di tiro è influenzata dall’azione (il giocatore è fermo? In movimento? Già piegato?), ci concentreremo solo sulla seconda parte. E per analizzare la velocità di questa seconda fase, abbiamo misurato i centesimi di secondo in cui l’attaccante inizia il movimento ascendente del pallone e la spinta sulle gambe. Questa è anche la fase in cui il difensore capisce che sta per arrivare il tiro e proverà a stopparlo.
Mentre Tomphson, Korver e Durant scoccano il tiro nel momento in cui il loro salto li ha portati nel punto più alto, Mussini e Curry anticipano il tiro, scoccandolo in anticipo rispetto agli altri. Il risultato è che Mussini e Curry tirano in 36 centesimi di secondo
Korver in 46
mentre Durant e Tomphson in 50 centesimi
Ovviamente non tutti i tiri sono uguali e lo stesso giocatore può tirare durante la partita con tempistiche differenti a seconda della situazione. Per questo motivo abbiamo scelto tiri sostanzialmente aperti, in cui il giocatore esegue il suo tiro classico.
Le tempistiche “variabili” sono comprovate proprio dallo stesso Mussini, che nella partita di andata di questa stagione contro Avellino, ha tirato contro il recupero forte di un difensore biancoverde, scoccando il tiro in soli 26 centesimi. Per chi volesse andarsi a vedere l’azione su LegaBasketTv (ottima iniziativa), siamo nell’ultimo quarto a 4:25 dal termine, sul 78 a 76 (gli italiani che lo meritano, si prendono minuti e tiri importanti).
Ma se potessimo scegliere, qual è il tiro migliore? Un tiro in sospensione parte da più in alto, quindi è più difficile che venga stoppato, tuttavia, un tiro in fase ascendente è più rapido, quindi rimane qualche frazione di secondo in meno nelle mani dell’attaccante, complicando le cose per il difensore. In una fase della partita in cui è atteso un tiro, come negli ultimi secondi della partita, è chiaro che chi tira in fase ascendente è penalizzato, perché il difensore può intuire l’azione anticipare in tempismo l’attaccante. Chi tira in sospensione, lo fa invece da un’altezza in cui il tempismo è meno determinante. Il tiro in ascensione è invece ideale per giocatori che si muovono rapidamente, come Curry e Mussini, che riescono ad anticipare il recupero del difensore.
Ovviamente questo tipo di tiro è anche ideale per competizioni come la gara del tiro da tre, in cui il tempo è un fattore e in cui giocatori che hanno una tecnica più strutturata fanno fatica a finire (vedi Jo Johnson l’anno che ha vinto Belinelli). Sotto questo punto di vista, la vittoria di Curry di quest’anno, proprio contro Korver e Tomphson non ci ha stupito per niente.