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Serie A 30/05/2014, 15.15

Giorgio Tesi Pistoia, il racconto di una incredibile annata

Il racconto della favola Pistoia che dalla promozione ha raggiunto i playoff perdendo solo in cinque gare contro Milano

Serie A

 

A Pistoia c’e’ della gente strana.

Ma andiamo per ordine, perche’ quella che vorrei raccontare e’ una storia di una citta’ e della sua passione, e per raccontare una storia cosi’, non ci vuol fretta.


Il 22 giugno 2013, da queste parti, e’ una di quelle date che sono rimaste in testa come l’anniversario di matrimonio o il compleanno della mamma: dopo 5 atti di una finale (che non passera’ certo alla storia ne’ per i punteggi alti ne’ per la bellezza del gioco) il Pistoia Basket conquista per la prima volta il diritto di giocare la serie A.

Tripudio cittadino, ugole esaurite, ricordi dell’ “altra volta” in cui la citta’ aveva potuto godere di una possibilita’ simile e la sensazione agrodolce che un gran bel periodo, durato qualche anno, fosse alla fine.
Sì, perchè una promozione in serie A e’ come salire sulla Ferrari con l’inchiostro ancora fresco sulla patente: bellissimo, ma un po’ di strizza ce l’hai...e da un momento all’altro (non ce ne vogliano, massimo rispetto) le tue avversarie non saranno più Casale Monferrato o Jesi, ma i nemici-amici di Siena degli ultimi 7 scudetti, Milano con le ambizioni di Euroleague e Cantù gemellata coi cugini-termali..


 

E sul serio s’e’ fatto da subito: giusto il tempo di festeggiare e le teste in Via Fermi han cominciato a fumare.

Primo scoglio: l’allenatore. Quel Paolo o “Paolino” Moretti, che gode in citta’ dello stesso credito che poteva avere John D. Rockefeller nella New York di inizio 900, era il primo nodo da sciogliere. Tutti sapevano che, dopo 4 anni a Pistoia e dopo i risultati che erano arrivati, le sirene ammaliatrici per il giovane coach sarebbero state tante, ma si sapeva anche che in serie A e’ difficile che vengano staccati assegni in bianco a chi ha si’ qualche migliaio di punti segnati con la maglietta ed i pantaloncini, ma ancora uno 0 sullo scoreboard da coach.

E allora, dopo settimane di speculazioni, divinazioni voodoo ed analisi poligrafiche delle parole dell’aretino che, con una coscia di pollo in bocca durante una cena con i tifosi, aveva dichiarato che si, sarebbe potuto rimanere, finalmente l’annuncio: il coach c’e’.

E poi?


Si sapeva che Galanda aveva un altro anno di contratto, cosi’ come Cortese e Meini.

Oh, Galanda. Gek aveva giocato da leone la sua prima stagione in terra di toscana, ma gia’ nella stagione della promozione il minutaggio era diminuito e - il re e’ nudo!- i playoffs li aveva giocati piu’ col cuore che col fiato.

Di Meini si conosceva l’affidabilita’ per i trascorsi lagunari e Cortese aveva dimostrato abbastanza solidita’ durante la LegaDue per poter essere un sesto/settimo uomo degno anche della serie A.


E quindi le fondamenta c’erano, ed erano tutte italiane, ma il resto?

Gli stranieri della LegaDue erano finalmente tornati a casa dopo un campionato eterno (l’ultima gara il 22 di giugno? invito alla Lega a rivedere i calendari del campionato: le regular season una volta ogni 7 giorni ed i playoff una volta ogni 2 con delle pause in mezzo… non hanno molto senso. Per dire...) e la societa’ stava gestendo l’ennesima metamorfosi di organizzazione interna.

Sistemata la questione dello sponsor (non senza qualche scaramuccia con la stampa locale) con Giorgio Tesi Group che rinnova il sodalizio con la squadra, era arrivato il momento di scegliere come impiegare il budget e – un po’ perche’ gli americani a Pistoia li han sempre saputi scegliere (citofonare Bryant-Douglas-Rowan-Gay…) un po’ perche’ le vecchie volpi dietro al mercato lo sapevano che dando in pasto una squadra divertente al gia’ caldo pubblico pistoiese, la temperatura sarebbe diventata lavica, la scelta e’ caduta sulla formula 5 USA-5 Italiani.


Cinque americani! E chi li aveva mai visti, al PalaCarrara?


Il mercato estivo puo’ lasciare alternativamente molto speranzosi (a volte anche troppo, chiedete a Bologna se non ci credete) oppure molto perplessi. Nel caso dei santommaso pistoiesi, la reazione e’ stata la seconda. Wanam…wann… wannamarchi? E questo chi l’ha mai sentito? Ha giocato qualche gara sotto par a Teramo ed ha qualche esperienza fuori dall’italia, ma questo dovrebbe essere il nostro play e fulcro della squadra? Vabe’.


Washington. Una bella “cavalletta” americana di quelle che van di moda al giorno d’oggi… ma ancora qualcuno che ha la brutta abitudine di far canestro non lo abbiam visto. Andiamo avanti.


Johnson. JaJuan. Gia’ il nome fa intrecciare la lingua, figuriamoci se per caso avesse anche la brutta idea di non essere buono come giocatore… diventerebbe Giangian in un attimo.


 

Daniel. Ale’, ce ne serviva un altro di questi americani secchi secchi e (nemmeno troppo) lunghi. Questo cosa dovrebbe essere, il nostro nuovo 5? Ma se arriva a 2 metri mettendosi sulle punte?! Alla televisione abbiamo visto nei playoff della serie A dei marcantoni che a questo gli mangiano “la pappa in capo”. E ancora nessuno con dei punti nelle mani.


Dai, han tenuto il meglio per ultimo.

Gibson. Wow! Abbiam preso lo stesso Gibson preso a gettone da Brindisi per vincere i playoff della LegaDue nel 2011? No. Kyle. O chi e’?

Mah.


Il mercato finisce, e a quanto pare la squadra e’ tutta qua. Cinque stranieri non testati, due vecchietti e uno che non aveva poi sfondato in serie A.

E la preseason dice piu’ o meno questo: gente che salta, gente che corre. Ma punti? Ma tecnica? Ma… squadra? Pochina.

Il calendario e’ la peggior notizia dell’anno: prime 4 partite, 4 macigni, nell’ordine sbagliato per di piu’: 3 trasferte a Cantu, Sassari e Milano ed in casa con Avellino.

E gia’ si sente parlare di “campionato che inizia alla quinta giornata” e Moretti ci si incazza come un caimano.

Le prime 4 giornate parlano di 4 scappellotti e di una squadra principalmente senza nè un gran gioco, nè una vera identita’.

Lo sapevano tutti che ci sarebbe stata questa possibilita’, ma ogni tifoso in cuor suo e’ anche un presidente, un general manager ed un direttore sportivo tutto in uno e le opinioni personali, grazie al social networking, hanno piu’ risonanza del bar di vent’anni fa. Quindi ecco gia’ spuntare annunci di clamorosi ritorni dall’anno precedente (lo “zio di Panama” Michael Hicks che addirittura si dichiara “willing and able” via Twitter) ma da Via Fermi continuano ad arrivare  segnali di piena fiducia alle scelte fatte poco tempo prima.

E piano piano, abbandonando il lavoro di cesello e riprendendo in mano la motosega, coach Moretti comincia a lavorare alla materia grezza della squadra pistoiese.

Cominciano a vedersi dei giochi in attacco, cominciano ad essere disegnati dei ruoli, comincia a prendere forma una difesa che gioca sulle caratteristiche di ognuno: Pistoia gioca pochissima zona, spesso è solo un accenno all’inizio dell’azione per poi passare a uomo.

Le gambe sono fresche, l’attitudine difensiva e’ quella giusta ed in attacco, anche chi non ha visto altro gioco che il costante-1-vs-1 della pallacanestro americana pian piano capisce che quando sbatti contro l’autoarticolato dei 40-minuti-di-zonaccia-2-3-da-campino, forse non e’ il caso di continuare con le penetrazioni.


E l’inesperienza, l’essere “verdi” sotto tanti punti di vista, si trasforma da limite a punto di forza: la vittoria casalinga dei 3 supplementari in casa con Pesaro e’ un punto di svolta per il pubblico, che capisce che ha davanti non dei ragazzini venuti a fare la prima esperienza fuori casa con il biglietto dell’interrail in mano e la Routard in tasca, ma degli agonisti che avevano solo bisogno di essere indirizzati verso un gioco visto per tutta la loro vita.

Le “imprese” casalinghe si susseguono: vittoria di 1 con un tiro folle di JJJ (molto piu’ facile che provare a pronunciare JaJuan) contro Bologna, prima vittoria esterna a Montegranaro, sculacciate in casa Venezia, Cantu’, Sassari (!)


 

Il pubblico pistoiese l’ha sempre saputo, che quel catino in Via Fermi, fatto al 90% di calcestruzzo non rifinito (raro trovare un palazzetto coi gradoni per 3 interi settori) e’ stato capace di trascinare i giocatori in campo ad imprese storiche: era pieno di migliaia di persone saltellanti ben oltre i limiti della capienza nei vecchi derby con Montecatini, era stato prima vuoto, poi nuovamente pieno ad accompagnare questa nuova vita della pallacanestro pistoiese in LegaDue, ed aveva gia’ toccato con mano cosa la corrente elettrica che parte dagli spalti e arriva fino in campo puo’ fare (nella stagione 2012-2013 di LegaDue, solo Barcellona era riuscita a tornare dal PalaCarrara coi 2 punti, al termine di un supplmementare tanto tirato quanto controverso ed il ruolino di marcia delle ultime tre stagioni parla di 49 vittorie su 59 partite. “The madhouse on Madison” del Chicago Stadium ha un rivale)… e adesso quella corrente era nuovamente accesa.


Grazie ad uno stile di gioco “americano”, alla tenacia in difesa ed alla capacita’ dei tre italiani (non li chiamate “riserve”: non esistono riserve quando si gioca a pallacanestro in 8) di tenere il campo e dare qualche scossa (Giacomo “Gek” Galanda ha dato piu’ di un ideale schiaffo a chi lo voleva gia’ finito, durante la stagione) quando serviva, la Giorgio Tesi Group ha vinto tanto tra le mura amiche, e l’ha fatto divertendosi e divertendo maledettamente tanto.

Pero’, purtroppo per il pubblico biancorosso, si gioca alternatamente in casa ed in trasferta… e proprio in trasferta la squadra e’ sempre sembrata la brutta copia di quella vista dentro. Sono arrivate critiche – seppur smorzate dall’entusiasmo della precedente o successiva sfida ed impresa casalinga – anche al coach Moretti, reo di aver tenuto su la giacca (!) durante la partita esterna, invece di fare come al solito in terra di toscana, quando comincia le partite da modello di Dolce & Gabbana e le finisce scarmigliato ed in maniche di camicia.


Avvicinandosi alla fine della regular season era ormai chiaro che, con il cammino casalingo della cordata di Moretti, la salvezza non sarebbe stata un problema, complice anche una Pesaro che sembrava ormai spacciata ed i campionati non stellari di Cremona e Montegranaro, per citarne alcune.


Ma, come in ogni bella storia sportiva che valga la pena raccontare, e’ quando le cose sembrano decise e stazionarie, che succede qualcosa che le smonta e le trasforma in materiale da ricordi. La stessa squadra che aveva vinto e divertito tra le mura amiche tira fuori una energia inaspettata, una coesione in trasferta che sembrava impossibile (visti i precedenti: lo score delle vittorie in trasferta continuava a dire “1”) e dopo la sconfitta casalinga con Brindisi alla 10° di ritorno, vince fuori a Venezia, Roma e Bologna.


Per la legge dei grandi numeri (che non si applica assolutamente allo sport, ma tant’è) vittoria di Venezia ci poteva anche stare. La squadra era in palla, giocava bene e - per contro - Venezia era in una fase calante. Ma quando la matricola Pistoia imbriglia, immobilizza e poi bastona anche Roma a domicilio in una partita che non ha praticamente mai avuto storia, la situazione cambia. Avranno mica, dopo 6 mesi di gioco insieme, trovato una chiave per equilibrare quel gioco fatto di strappi e di cambi di velocita’ ed intensita’, nel bene e nel male?

Le storie del campionato si intrecciano, e mentre la gente di Pistoia, il sabato sera, si gusta una vittoria sul campo di Roma e comincia a credere alle favole, a babbo natale, al Grinch ed ai playoffs, Caserta ribatte il colpo andando a vincere a Sassari.


E allora Pistoia “ci crede”: Obama si trasferisce per un paio di giorni da Washington sulla Sala (la piazza centrale della “movida” pistoiese) e con una 48 ore consecutiva di “Yes we can!” convince 2.000 (leggasi, due-mila) di quegli esagitati con le sciarpe bianche e rosse a valicare l’appennino ed andare ad invadere il palazzetto di Casalecchio di Reno. Ed in un clima insensato, con gli abbonati Virtus costretti (controvoglia) a lasciare il posto alla marea toscana, la Giorgio Tesi Group vince ancora e nuovamente mette in condizione Caserta di dover cercare la W.

E adesso a Pistoia ci si crede. La slitta di babbo natale e’ parcheggiata fuori dal PalaCarrara e i personaggi delle favole sono tutti in curva insieme alla Baraonda Biancorossa. E Caserta recupera all’ultimo una partita difficilissima in casa con Avellino, e porta tutto ad un epilogo, una di quelle partite che ti fanno pensare davvero all’esistenza degli dei del Basket che hanno manovrato e gestito le cose fin dal momento dell’estrazione del campionato, in modo da portare uno scontro diretto proprio all’ultima giornata.

 

“It ain’t over till the fat lady sings “. E la cicciona canta per Pistoia, alla fine di una partita tiratissima e regala il secondo scudetto dell’anno alla citta’. Il primo: la consapevolezza che ci sarebbe stata un’altra stagione per continuare a portare in giro per l’italia quella corrente elettrica, avendo chiuso una stagione con un numero pari di vittorie e sconfitte. Impensabile, a settembre. Il secondo: sapere di appartenere, per diritto, alle prime 8 squadre del campionato italiano e poter andare a giocare al meglio delle 5 partite testa-a-testa con quella stessa Milano che e’ gia’ forte di un 2-0 (nella gara del ritorno a Pistoia Hackett dimostro’ come mai viene pagato per giocare a pallacanestro, vincendola praticamente da solo).

Momento esilarante alla fine della partita il commento triste dei commentatori Rai “si chiude la partita, Caserta ai playoff” con 4.000 pistoiesi che festeggiavano ed i casertani ammutoliti. Segue momento di smarrimento, una pubblicità salva-faccia ed al rientro: “Pistoia ai playoff!”


Non c’e’ nemmeno il tempo di realizzare la cosa, ed i playoff cominciano. Alla presenza di piu’ di 200 pistoiesi festanti e di un intero Forum altezzosamente freddino, Milano va 2-0, vincendo le partite ma poco piu’, ingabbiata da una difesa arcigna e pagando ogni volta la cauzione grazie ad una panchina infinitamente piu’ profonda (significativa l’osservazione di un tifoso pistoiese in Gara1 all’ingresso del terzo cambio dei lunghi milanesi: “toh, entra Kangur. Per loro e’ il terzo cambio, da noi giocherebbe titolare”) o grazie alla prestazione di qualche singolo (Melli in Gara1, Gentile in Gara2). Pistoia trova anche il modo di far sudare qualche austera fronte lombarda sul +11 a meta’ del secondo quarto di Gara2, prima di soccombere sotto un fuoco di triple che avrebbe inchiodato chiunque.

La sensazione e’ pero’ che Milano, pur con un potenziale assoluto in grado di chiudere la serie 3-0 (5-0, 10-0 se si andasse ad oltranza) abbia poco “cuore”, e questo viene evidenziato nella cappella Sistina di Paolo Moretti, la Gara3 di Pistoia. La squadra, con un eroico Gek Galanda in campo dopo una scavigliatura subita in Gara2 ma – pensiamo – con l’intenzione di giocare questa partita anche dal letto, considerando il suo ritiro gia’ annunciato e la possibilita’ che fosse l’ultima, mette in campo la sua difesa ma tira fuori anche una cattiveria agonistica che irretisce i milanesi, che dopo la delusione cocente di EuroLeague contro il Maccabi, sembrano incapaci di reagire della necessita’.

Prestazione solida del gruppo e maiuscola di JJJ, ed il finale di partita dice Pistoia +10, per un 2-1 che allunga la serie e che infoltisce il numero di personaggi delle favole presenti in curva ed aumenta l’intensita’ della ormai famosa corrente elettrica a livelli di centrale nucleare.

Si arriva a Gara4, e i polsi delle nuove “red shoes” tremano un po’. Un po' perchè dal loro ambiente casalingo arrivano alcuni mugugni sulla qualità del gioco messo in campo un po’ perchè questa squadra di ragazzini che gioca in 7 in un ambiente infuocato sono un avversario che semplicemente non muore mai.
In Gara3 all’intervallo c’erano 11 punti di vantaggio… e non son bastati.
In Gara4 ce n’erano addirittura 16, di punti di vantaggio.
E non son bastati nemmeno quelli!
Brad Wanamaker, in una prestazione che saro’ sicuro di raccontare ai nipotini (miei o di chiunque altro) prende per mano la squadra, ricuce con un irreale 5/5 da 3 lo strappo, Gentile e Washington si scambiano tenere effusioni e vengono cacciati entrambi, Gibson si ricorda che tirando con gli occhi aperti a volte si butta il pallone dentro e Milano va in bambola, 2-2 e si torna a Milano. La pallacanestro italiana si rende conto della favola che si sta vivendo nel catino di Via Fermi, Federico Buffa twitta che “gli dei del basket non vogliono proprio far smettere di giocare quel monumento di Gek Galanda” e la gente… ci crede.
La logica dice che vincere a Milano è impossibile.
Il cuore dice una cosa diversa. E anche se alla fine della partita il punteggio dicesse che in semifinale contro Sassari ci vanno i lombardi, come si può mancare all’appuntamento con una storia cosi’ bella?


 

E allora, perchè rovinare questa storia che sto raccontando con la verità?
Gara5 non è mai stata giocata.

1.500 pistoiesi, in un martedi sera lavorativo, hanno portato cuore, voce, sciarpe e corrente elettrica al Forum di Assago. Hanno invaso il settore ospiti, hanno conquistato un intero settore di tribuna, e hanno tributato un applauso lungo due ore alla propria squadra.
Hanno cantato e urlato e sperato e sofferto insieme a Gek per il suo infortunio e alla fine, appunto, Gara5 non è stata mai giocata.
Perchè dopo due ore dall’ingresso in quel posto tappezzato di stendardi di scudetti e di coppe dei campioni, il pubblico pistoiese era sempre tutto lì, e non se ne voleva andare. E voleva continuare a saltare e cantare e non voleva pensare al fatto che la stagione era finita. E c’e’ voluto che il presidente Maltinti salisse fino nel settore ospiti e si facesse prestare un megafono per ringraziare tutti perchè qualcuno avesse voglia di andarsene.

E nella Gara5 che non s’e’ mai giocata, a un minuto e mezzo dalla fine, Moretti chiama un timeout, porta i suoi giocatori, i suoi vice, tutto il suo staff in mezzo al campo e semplicemente li abbraccia. “Non li ho fatti uscire per prendersi l’applauso che meritavano, perchè mi avrebbero dato un pugno” - dirà alla stampa. Chi era in campo aveva la stessa sensazione di quelli che erano sugli spalti: non volevano che la stagione finisse.
Ma la stagione non è finita, perchè Gara5 non è mai stata giocata.

 

Le pagelle dell’intera annata

 

Ed Daniel

Voto: 7.5

La partenza e’ stata da proverbiale pesce fuor d’acqua. Era abituato, dall’altra parte dell’oceano, a prendere dei tiri dalla media, era abituato che il suo gioco si svolgeva in gran parte 1vs1, ed era abituato anche a fare delle partenze in palleggio. S’e’ trovato a dover giocare contro aree piu’ affollate degli Uffizi d’estate, con raddoppi che arrivavano da ogni dove e gente che per prendere il rimbalzo non cercava soltanto di saltare piu’ di lui, ma gli piantava ogni articolazione possibile nel costato. Come risultato, Ed e la sua acconciatura meritavano una votazione negativa per la prima parte di stagione. Ma, a far andare in brodo di giuggiole ogni allenatore che si rispetti, il giocatore intelligente ASCOLTA, SI IMPEGNA e MIGLIORA. E nella seconda parte dell’annata, Ed ha abbandonato quei difetti che ogni lungo americano si porta dietro quando non ha mai visto il basket europeo: ha smesso di saltare per farfalle ad ogni singola finta sotto canestro, ha smesso di dipendere esclusivamente dalle sue pur notevoli gambe per prendere i rimbalzi e ha cominciato a fare un po’ di sano tagliafuori, ed ha ascoltato Coach Moretti quando ha ricevuto la stessa direttiva che fece gia’ la fortuna di Fiorello Toppo gli anni passati in LegaDue: “la vedi l’area? Ok. Tu. Li’.”.

Siamo sicuri che ci siano ampi margini di miglioramento, e che il ragazzo abbia l’intelligenza necessaria per sfruttarli. Ne sentiremo parlare anche nei prossimi anni.

Oh, per onore della cronaca: voto al capello 10. Non capita spesso di avere un afro con il proprio account Twitter (https://twitter.com/ed_hair). Una garanzia tricologica.


Guido Meini

Voto: 6.5

Un punto e mezzo in 14 minuti di media a partita per l’autoctono (si, tecnicamente proverrebbe dalla parte sbagliata del Serravalle, ma la cerimonia di de-termalizzazione è sempre valida). La sua stagione è stata quella del gregario, in campo per far tirare il fiato alternativamente a Wanamaker e Gibson ed ha pagato a volte il confronto con playmaker o guardie avversarie con la metà dei suoi anni e il doppio di dinamite nelle gambe che lo hanno attaccato sul fisico, ma Guido ha comunque svolto il suo compito in modo sempre ordinato (solo 20 palle perse in tutta la stagione) e per il pubblico pistoiese sapere il pallone nelle sue mani è sempre stato una garanzia.


 

Giacomo Galanda

Voto: 8 o 810.

Mi risulta difficile pensare di dare un voto alla stagione del Gek nazionale.

Posso considerare il suo contributo alla stagione appena finita e le sue prestazioni in campo… ma la ultima stagione da professionista merita di essere misurata anche con altra scala.
Parlando della stagione: evidente la scelta di coach Moretti di utilizzarlo come terzo lungo, ad affiancare JJJ e Daniel e giocare i “minuti di qualità”: i numeri parlano di 12.5 minuti e 4 punti di media a partita, ma la sua presenza in campo è stata ben altra. Galanda è un vero e proprio “allenatore in seconda”: ascoltato dai compagni, alla fine dei timeout era facile vedere Daniel, JJJ o Washington a colloquio col capitano. Non ha mai fatto mancare la bomba dalla “mattonella Galanda” nei momenti in cui era necessaria una scossa alla partita, e il pubblico di Pistoia gli ha sempre tributato il suo ruggito più forte.

Ma Giacomo “Gek” Galanda è un’altra cosa, ben al di la’ dei numeri.

Non intendo mettermi a snocciolare per l’ennesima volta tutte le cifre delle sue presenze in nazionale, cosa ha vinto e quando, ma parlo invece di una persona che semplicemente ha capito.
Ha capito che il suo ruolo, quello di atleta, di sportivo, di personaggio “in vista” è quello di modello di ruolo nei confronti di tanti: dai giovani giocatori, ai tifosi. E Gek Galanda, il personaggio “pubblico” ha capito che essere un campione significa restituire alle persone che ti hanno dato il proprio affetto, i propri applausi e la propria ammirazione. In tre anni a Pistoia ha organizzato eventi benefici, ha portato la pallacanestro in piazza del Duomo durante l’estate, è stato (ed è tuttora) il volto e la voce dei camp estivi per i ragazzi ed il suo impegno PER la pallacanestro è sempre stato quello di portare un messaggio positivo.

La dimostrazione, che non serve, ma che è una delle cose più belle del finale di stagione, dopo la Gara3 casalinga vinta contro Milano, nel tripudio di un PalaCarrara festante, il primo “cinque” di Gek è stato per Francesco, primo tifoso della squadra e ragazzo costretto sulla sedia a rotelle.

“Vent’anni da campione, una vita da uomo vero”, hanno scritto i ragazzi della curva per lui, mi sento solo di applaudire e ringraziare: perchè ho l’onore di averlo visto, e lo potro’ raccontare, così come sto facendo adesso.


Brad Wanamaker

Voto: 9

Controverso MVP della stagione per Sportando, ha dimostrato di esserselo meritato tutto e anche un pochino di più. Quando il pallone scottava (e quest’anno in casa biancorossa il pallone ha scottato spesso, non ci sono state quasi mai partite decise prima del tempo) il play di Philadephia lo ha sempre e fortemente voluto… e tante volte s’e’ sentito il rumore del cotone. Qualche dubbio iniziale sul suo utilizzo come playmaker “classico”, ma nel capolavoro di coach Moretti c’e’ anche questo: riuscire ad amalgamare il suo ruolo a quello di Gibson ed alternare a 2 la responsabilità di portare avanti il pallone e far giocare da guardia l’altro.

Gigantesca annata per Brad che chiude con 16 punti di media in 33 minuti di utilizzo ed aumenta in modo esponenziale il proprio valore sul mercato dell’anno prossimo.


Deron Washington

Voto: 7.5

Il più “anziano” tra gli stranieri di Pistoia (28 anni… tutto dire) ha chiuso una stagione di difficile lettura. Da un punto di vista strettamente tecnico Deron si è dimostrato un difensore sopraffino: sempre messo sulle tracce del miglior attaccante degli avversari era sempre basso sulle gambe e pronto nei recuperi (ricordava lo Stonerook di Siena per attitudine) ha fatto invece un po’ piu’ di fatica in attacco. Nella prima parte di stagione ha insistito un po’ troppo con le penetrazioni poi, chiaramente frutto di lavoro in allenamento, ha cominciato a fidarsi un po’ di piu’ del suo tiro da fuori (36% da tre per l’annata) e a giocare “per la squadra”.
Protagonista di alcune delle più poderose schiacciate mai viste al PalaCarrara (il poster di Gara4 contro Milano in faccia a Melli è da attaccare in cameretta con il millechiodi e non togliere mai più).

 

Riccardo Cortese

Voto: 6.5

Il mezzo punto piu’ della sufficienza glielo da il risultato della squadra, i 6 punti precedenti il suo andamento altalenante per tutta la durata del campionato in attacco. Sempre bene in difesa: in “staffetta” con Washington sul miglior attaccante degli avversari e mai in ritardo sui tanti cambi difensivi ordinati dal coach (la strategia sui pick’n’roll di Pistoia di quest’anno prevedeva il cambio sistematico, sempre e comunque), ha avuto mano “freddina” soprattutto da lontano. Rispetto alla LegaDue ha dovuto scontrarsi con difensori ben più veloci ed il suo atletismo non ha brillato.


Davide Bozzetto

Voto: 6

Pochissimo tempo in campo (52 minuti in tutta la stagione) per il ragazzo di Pordenone, grande lavoratore, prezioso in allenamento e sempre pronto quando la situazione falli dei lunghi di Pistoia era difficile per dare minuti a Galanda e Daniel. Un po’ “acerbo” in fase difensiva (usa parecchio le mani, cosa che gli ha portato ben 20 falli fischiati) ma un buon prospetto.


Kyle Gibson

Voto: 7

Dolorosamente ammetto di non essere stato un fan dell’ex Lousiana Tech. Per molte volte durante il campionato la guardia USA ha fatto “uno-su”. A volte su.. tanto. Nove, dieci, undici.
Proprio la sua mancanza di costanza in attacco gli costa qualche punto nella valutazione, perchè nella metà campo difensiva Kyle è poco meno che perfetto. Difesa fisica, aggressiva, quasi mai fallosa (2.6 falli di media a partita fischiati) e tanta intelligenza che gli ha permesso di essere quasi sempre pronto sulle rotazioni e sui recuperi. “Specialista” nei tiri liberi (ha guidato per un periodo la statistica con oltre il 90%), ha dimostrato di avere grande cuore nelle partite che contavano: protagonista nelle ultime uscite della squadra, insieme a Wanamaker autore della rimonta mitologica di Gara4 contro Milano e uno degli ultimi ad arrendersi.
Uno di quei giocatori che “gli manca davvero poco” per essere un grande. Gli auguriamo di trovare quella continuità in attacco che gli farebbe fare davvero il gran salto di qualità.


JaJuan Johnson

Voto: 8

Tanto più è difficile da pronunciare un nome, tanta più soddisfazione ci sarà quando ci si riesce.
JJJ ha fatto vedere di tutto in questa stagione a Pistoia. Svitamenti in allontamento dal post basso, semiganci da altezze siderali, una serie di alley-oop da cineteca e - dalla seconda parte della stagione in poi - anche qualche jumper dai 6 metri che hanno fatto capire a pubblico ed avversari che nella NBA non ci si va a giocare per caso.
Pero’... come per Gibson, il problema è stato la continuità. Propenso ad innervosirsi sulle difese “fisiche” o alle provocazioni, JJJ ha il potenziale fisico e tecnico per poter segnare 30 punti a partita senza nemmeno allacciarsi le scarpe, ma periodicamente si “estrania” dall’attacco. Per lui una stagione solida da 14.5 punti in 30 minuti di media a partita e 68 (!) schiacciate.


I tifosi e la città

Voto: 10+


Torno all’incipit del mio racconto: a Pistoia c’e’ della gente strana.
Lo sportivo pistoiese è storicamente attratto dalla moda del momento e le alterne fortune delle squadre degli sport più seguiti in città degli ultimi 30 anni lo dimostrano ampiamente.

Ma… dai ad un pistoiese, toscano con tutti i pregi ed i difetti della gente del granducato, un motivo di essere orgoglioso della propria città e dei propri colori, ed avrai in cambio una passione sconfinata ed una fede che rasenta il religioso.

1.200 abbonati alla prima palla a due dell’anno.

Quasi il doppio all’inizio del girone di ritorno.
In mezzo, una abitudine nuova: la necessità di fare anche tre ore di coda ai botteghini per i biglietti delle partite.
E tutto questo “perchè si vince”? No. Tutto questo perchè la squadra in campo quest’anno ci ha sempre messo tutto.

Tutto questo perchè “Pistoia loves basket” (titolo, tra l’altro, di un clamoroso DVD prodotto localmente che riporta la storia della prima “vita” del basket pistoiese con interviste ai protagonisti e filmati dell’epoca), ed il merito va - ovviamente - alla squadra, ma altrettanto ai suoi tifosi.
Ne parlo un attimo, se non vi dispiace: i tifosi di Pistoia, e parlo del tifo organizzato, i “ragazzi della curva”, guidati dal gruppo in balaustra della Baraonda Biancorossa, hanno fatto e stanno facendo un lavoro prima di tutto sociale, ancor prima che da tifosi.
Mi spiego meglio: prendete un gruppo di tifosi. Mettetelo in un campo storicamente “caldo” (a volte anche troppo, come dimostra il primato della società in multe per l’anno 2013-2014… ma le passioni più forti producono le fiamme più grosse) con un seguito di pubblico importante, e tanto dovrebbe bastare per fare di quel gruppo di tifosi una “buona tifoseria”, giusto?
Sbagliato.

Perchè la Baraonda (non da quest’anno: il percorso comincia ben piu’ indietro) ha cominciato a sfidare prima di tutto sè stessa: hanno messo in dubbio i “vecchi” comportamenti nei confronti delle altre tifoserie, il concetto stesso della “aggressività a tutti i costi” che invece si trova da altre parti e hanno semplicemente concentrato tutto il loro impegno… nel tifo.
Quello bello, colorato, caldo, attivo e a favore della propria squadra e dei propri colori, invece che “contro” qualcun altro.
Hanno chiesto (ed ottenuto, visti gli ultimi risultati) che la gente venisse al palazzetto con i colori della squadra, con la sciarpa, con la VOGLIA di rendere il PalaCarrara il fortino che si è dimostrato nelle ultime stagioni ed il pubblico ormai dipende dall’entusiasmo dei ragazzi della curva, ne ammira coreografie e striscioni e la curva, dal canto suo, si appoggia al resto del palazzo.
Ne e’ nata una co-dipendenza che semplicemente diverte: diverte chi guida il tifo e che puo’ contare su 4.000 scatenati pienamente consapevoli della propria capacità di guidare i propri colori (onestamente, giocare davanti a 4.000 persone festanti per ogni canestro o 8.000 silenziosi, per un giocatore, fa la differenza eccome!) e diverte il resto del pubblico che si presenta in 2.000 a Bologna per una partita fondamentale, in 1.500 a Milano per Gara5 e che per OGNI partita interna di quest’anno ha fatto ore di coda ai botteghini.

Questa è la voglia, la passione, il cuore di Pistoia.


A Pistoia c’e’ della gente strana.

E questa città è davvero malata di pallacanestro.
E mi auguro che continui così per molto tempo.

Grazie!
© Riproduzione riservata
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Comments Occorre essere registrati per poter commentare 17 Commenti
  • daniele63 04/06/2014, 00.23

    articolo perfetto rispecchia l'annata di pistoia vissuta da me al palacarrara
    grande pistoia

  • Zeke11 31/05/2014, 15.46 Mobile
    Citazione ( SwaggyT 30/05/2014 @ 18:15 )

    Bravissimo! Ci tengo solo a precisare, con una punta di orgoglio perchè il gruppo Baraonda Biancorossa porta il nome che io ho suggerito ad altri due/tre visionari in una serata di febbraio di qualche anno fa, che stiamo parlando dell'UNICO palazze ...

    Anche a Milano con la parte di tribuna occupata!!!

  • Redskins 31/05/2014, 14.12 Mobile

    Articolo fantastico. Complimenti
    Racchiude in maniera magistrale quello che abbiamo vissuto a pistoia questo anno.
    Speriamo che come dice il presidente Maltinti sia un punto di partenza e non di arrivo e che questo bellissimo sogno possa continuare
    Pistoia love basket

  • difesaazona 30/05/2014, 23.38

    Semplicemente MAGNIFICO! Complimenti!

  • dariosk 30/05/2014, 19.44

    complimenti per l'articolo e per la passione

  • Gabriele 30/05/2014, 19.35 Mobile
    Citazione ( SwaggyT 30/05/2014 @ 18:15 )

    Bravissimo! Ci tengo solo a precisare, con una punta di orgoglio perchè il gruppo Baraonda Biancorossa porta il nome che io ho suggerito ad altri due/tre visionari in una serata di febbraio di qualche anno fa, che stiamo parlando dell'UNICO palazze ...

    Bello bello bello :)

  • SwaggyT 30/05/2014, 18.15

    Bravissimo!

    Ci tengo solo a precisare, con una punta di orgoglio perchè il gruppo Baraonda Biancorossa porta il nome che io ho suggerito ad altri due/tre visionari in una serata di febbraio di qualche anno fa, che stiamo parlando dell'UNICO palazzetto in cui la curva chiama i cori e IL RESTO DEL PALAZZO RISPONDE ALLA CURVA, in effetto botta/risposta visto solo in certi stadi.
    Grandissimi

  • luke76 30/05/2014, 17.40 Mobile

    Bravo bravo bravo..da tifoso Virtus Roma ho tifato per voi..avete meritato questa stagione..

  • davidpt 30/05/2014, 17.23 Mobile

    Mitico!!

  • nerone75 30/05/2014, 16.45

    Articolo meravigliosamente vero.
    Grazie di cuore all'autore.

  • RedMambaPT 30/05/2014, 16.42

    Articolo stupendo, commovente! Grandissimo!

  • thesauros 30/05/2014, 16.26

    Articolo bellissimo, così come bellissima è stata la stagione di Pistoia. Tanti complimenti e un po' di invidia da Milano!

  • towerman 30/05/2014, 16.23

    Articolo FANTASTICO!

  • TheMinel 30/05/2014, 16.08

    giornata morta al lavoro oggi eh? :D Grande Ale

  • Gabriele 30/05/2014, 15.58 Mobile

    Hai scritto tutto quello che c'era da dire. Nel bene e nel male noi toscani siamo cosi. Sono 7 anni che sognavo di arrivare con la nostra piccola"(ma neanche poi tanto) piazza a traguardi cosi e ora che finalmente ci siamo, spero che la gente non si dimentichi da DOVE arriviamo e COSA abbiamo visto! Meritiamoci di restare qua! Forza Pistoia!

  • LucaMilano 30/05/2014, 15.31

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