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Serie A 30/03/2014, 18.00

Samardo Samuels si presenta: Mi piace scoprire Milano su due ruote

Il centro di Milano si presenta

Serie A


Sul sito ufficiale dell'Olimpia Milano, Samardo Samuels si svela.

 

Ecco la sua intervista che sarà anche nel Game Program della sfida contro Pesaro.

 

Samardo Samuels è Sam Sam per tutti, un personaggio particolare che si entusiasma facilmente e riesce sempre a sorprendere, quando si tinge i capelli di rosso, fornendo a dire il vero numerose, differenti, spiegazioni per giustificare la scelta (“Un amico mi ha consigliato di fare qualcosa di diverso e poi il rosso è il colore dell’Olimpia”), o si presenta all’allenamento in bicicletta “perché l’idea me l’ha data David Moss, anche se io non ho i suoi capelli da sventolare dietro gli occhiali scuri. Mi piace scoprire Milano su due ruote anche se da casa al Lido è una cosa di cinque minuti”. Samuels cammina dondolando, musica sempre nelle orecchie, si blocca, accenna un passo di danza, cammina piano, come se il tempo fosse pronto ad attenderlo, da giamaicano rilassato, inscalfibile dai ritmi di Milano così come a suo tempo non era stato scalfito da quelli di New York, la sua prima città americana dove si trasferì che era un teen-ager per inseguire un sogno diventato realtà ma in modo imprevisto visto che il suo primo amore fu il calcio, che i primi passi nel basket furono forzati, ispirati dalla sua taglia fisica e che l’amore per i canestri sarebbe arrivato solo dopo. “D’altra parte – racconta – per giocare a basket e trovare un campo dovevo camminare per 20-25 minuti. La Giamaica è un posto magnifico, ma fa parte del terzo mondo, è un paese povero e le infrastrutture sono quelle che sono”. Ma non hanno impedito a Sam di essere ad un certo punto della sua evoluzione il miglior giocatore del paese. Non della Giamaica ma degli Stati Uniti quando a prenderlo sotto la sua ala fu Danny Hurley, giovane e grande coltivatore di talenti, all’epoca alla St.Benedict High School di Neward, di là del fiume Hudson rispetto a Manhattan. E al tempo stesso un altro ragazzo di Trelawny, Giamaica, Usain Bolt stava diventando il più grande sprinter di tutti i tempi. “Sì, lo conosco – dice Sam – se ci incontriamo ci scambiamo i saluti, aggiorniamo su quello che sta accadendo nelle nostre vite”. Ha mano educata, Samardo Samuels, da giocatore ben allenato al college, da Rick Pitino, un guru e un Hall of Famer. “Quando mi chiedono se mi sento un centro dico di sì, perché mi piace l’aspetto fisico del gioco, stare dentro l’area a combattere, fare a sportellate. Sono un lavoratore, voglio essere aggressivo e questo è il mio approccio. Poi qualcuno mi dice che ho le qualità tecniche, ad esempio il tiro, per giocare da ala forte. Ma la verità è che a me piace stare dentro l’area e fare quello che serve per essere un centro importante. Poi è vero che posso segnare da fuori, magari anche da tre punti se capita. Jerrells me lo dice sempre perché in allenamento lavoro su quel tiro ma in partita se la gara non è già in cassaforte non lo usa”. Ha scelto di giocare con il numero 24 perché 24 sono le ore del giorno “e a me piacerebbe usarle tutte e 24 per prepararmi, per migliorare, per lavorare. 24 ore, 365 giorni all’anno. E’ un po’ una filosofia di vita”, spiega. Tra i compagni di squadra, i preferiti sono Gani Lawal e Curtis Jerrells. “Curt – dice – è il mio compagno di tiro, my shooting partner, quindi mi conosce bene, condividiamo molti momenti particolari e giocare il pick and roll con lui ad esempio mi fa sentire a mio agio perché mi conosce più di altri. Ma è bello giocare anche con Hackett e soprattutto questa è una squadra in cui tutti si piacciono, stiamo bene insieme e per questo miglioriamo. Per me personalmente giocare in Europa richiede uno sforzo in più mentale. Io ho mani grandi e mi aiutano a ricevere palla in post basso ma devo sempre ricordarmi che qui ogni volta che la metti in terra rischi di fare passi. E’ qualcosa su cui sto lavorando”. Milano l’ha conquistato – spiega – “perché ci rivedo molte cose di New York ma non è altrettanto fredda e di certo non è fredda come Cleveland dove sono stato tre anni. E giocare qui è piacevole, il pubblico di casa aiuta e ogni volta che andiamo in campo vogliamo mostrare qualcosa di buono”.

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E. Carchia

E. Carchia

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