Aradori parla a Sportando di Estudiantes, Reyer, futuro e nazionale
Aradori è felice della sua esperienza in Spagna e vorrebbe tornare in ACB anche l'anno prossimo. Ma dovrebbe finire la stagione in Italia alla Reyer
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Pietro Aradori, attualmente in forza al Movistar Estudiantes, parla a Sportando riguardo alle ultime voci di un suo ritorno in Italia e delle sue intenzioni future. Non manca uno sguardo indietro alla sua prima stagione all’estero ed alle differenze con il basket italiano, ed ovviamente all’impegno europeo con la Nazione della prossima estate.
Pietro, innazitutto grazie del tempo che ci concedi. La prima domanda è d’obbligo. Sono settimane che in Italia circolano voci di un tuo possibile ritorno. Prima Sassari, ora sembra fatta con Venezia. Cosa puoi dirci?
Sì, ci sono state voci, c’è stato un interessamento. Però per prima cosa voglio chiudere la stagione con l’Estudiantes. È quello che voglio fare perché è una società che mi ha accolto a braccia aperte, mi sono trovato benissimo. È un bel gruppo, un bellissimo ambiente. È numeroso, ma è quello che voglio fare.
C’è comunque da parte tua l’intenzione di tornare in Italia?
Vediamo. Ci sarebbe, però vediamo quello che succede. Io comunque l’anno prossimo vorrei e mi piacerebbe continuare in Spagna.
Giocare all’estero è stata infatti la tua priorità sin da inizio stagione. Stagione che era iniziata in Turchia, al Galatasaray, con l’intenzione principale di giocare in Eurolega. Poi cos’è andato storto?
Diciamo che per me ma praticamente per tutti quelli che sono andati là è stata una scelta sfortunata perché sia dal punto di vista economico che organizzativo ci sono stati molti problemi, sia nel calcio che nel basket. Non era per gli aspetti tecnici, c’era tutta una situazione particolare e non era facile. Infatti da settembre a dicembre quando sono andato via io, sono andati via sei giocatori, poi è andato via Arroyo, hanno sostituito Vougioukas, Maric è arrivato ed è stato solo due mesi. Quindi era una situazione molto caotica. Però è una scelta che se dovessi tornare indietro rifarei, perché è una squadra importante e soprattutto per la mia idea di giocare all’estero. È stata un’esperienza, aldilà di come è finita, comunque positiva perché ho conosciuto un campionato nuovo, persone nuove, sono stato a contatto con un ambiente diverso ed è quello che volevo.
Poi è arrivato l’Estudiantes. Un contesto sicuramente differente, una squadra diversa ed un campionato nuovo.
Dopo un giorno che avevo lasciato il Galatasaray, è arrivata la possibilità di venire qui all’Estudiantes e l’ho colta al volo. Probabilmente se avessi aspettato qualche giorno o qualche settimana, qualche squadra di Eurolega o Eurocup si sarebbe fatta avanti, però si è fatto avanti per primo l’Estudiantes, c’è stata questa possibilità e l’ho presa al volo perché avevo la voglia di confrontarmi con un campionato come quello spagnolo che reputo il migliore in Europa. Quindi ho fatto questa scelta e sono contentissimo. Certo dopo parecchi anni a giocare due volte a settimana passare a giocare una sola volta non dico che è stato difficile, ma comunque devi adattarti. Io ho cercato di farlo, sono entrato in squadra con calma, dando una mano e penso, e spero, di essere riuscito.
Tra l’altro lo stesso Vidorreta ti ha cercato personalmente.
Sì, tramite il mio agente qui in Spagna mi ha chiamato, mi ha spiegato di cosa aveva bisogno la squadra, che aveva bisogno di uno come me. Ti ripeto, c’è stata questa possibilità e l’ho colta subito.
Anche allora c’erano comunque state voci di un possibile ritorno in Italia. Sempre Sassari, che ti aveva già cercato in estate, di nuovo Venezia.
A dicembre in quel momento sono state solo voci, non c’è stato niente. Si sapeva e sapevano che volevo continuare all’estero e non c’è stato nessun contatto.
Parlaci un po’ della tua esperienza qui in Spagna. Come ti trovi, differenze con l’Italia, non solo dal punto di vista tecnico ma anche ambientale.
È un campionato molto più organizzato rispetto all’Italia, nel senso che giochi in palazzetti nuovi, tenuti bene, che invogliano ad andare al palazzo. Dal punto di vista tecnico la più grande differenza è che qui in Spagna anche chi non gioca la coppa ha 10/11 uomini a disposizione. Non so chi sia il più utilizzato della Liga, ma in generale è difficile che un giocatori giochi più di trenta minuti di media. C’è molto gioco di squadra, tanti uomini sono coinvolti. Questa è la principale caratteristica. In Italia invece ci sono squadre che o per scelta o per problemi economici giocano con 6/7 giocatori, non dico che è sbagliato perché se giochi una volta a settimana magari ci sta, però la differenza è questa.
Proprio a proposito del campionato italiano un tema ricorrente riguarda sempre il poco utilizzo dei giocatori italiani, soprattutto giovani, e l’abbondanza di giocatori stranieri.
Sì, il discorso è un pochino ampio. Nel senso che, ad essere veritieri e vedere quello che succede, dare spazio a giocatori come me, Hackett, Cinciarini, giocatori comunque già all’apice della loro carriera, è troppo facile. È la mentalità che dovrebbe cambiare, non sono le regole dei due italiani in campo, quelle non aiutano. Io ho sempre detto che nel professionismo, e nello sport in generale, gioca chi è più forte, però devo anche dire che per un giovane italiano, me compreso anni fa, uscire dal campionato italiano con questa mentalità è molto molto difficile perché viene preferito tutto quello che è straniero. Invece quando vai all’estero, i giocatori dei propri Paesi, come in Spagna, Turchia o Germania, vengono trattati bene e gli viene dato spazio, sicuramente più che in Italia. Questa è la verità, e non è un discorso di ‘panda protetti’, come ho sentito tante volte. Fa ridere ma non è così perché ci sono giocatori, ad esempio in Turchia, che non sono neanche in nazionale ma che hanno firmato contratti da due milioni di dollari in tre stagioni. Cosa che in Italia non se lo sogna nessuno. Quindi è anche un discorso economico perché in Italia gli stipendi sono forse quelli più bassi. Il problema è la mentalità. E sono arrivati a dover fare delle regole perché la mentalità di tanti allenatori è quella di preferire sempre lo straniero.
Parliamo un po’ di Nazionale. C’è l’Europeo quest’estate. Eurobasket 2013 era comunque stato positivo, nonostante il finale con la qualificazione mondiale sfiorata. Quest’anno pare che finalmente la squadra possa essere al completo con tutti i giocatori NBA. Le aspettative sono quindi alte.
La Nazionale è un gruppo molto solido, ha una base molto solida, nel senso che oltre a star bene e giocare bene in campo stiamo bene anche fuori, e non è poco visto che dobbiamo stare insieme 2 mesi e mezzo d’estate. Questo ci aiuta poi a giocare meglio in campo. Non so chi ci sarà al 100% e chi no, vedremo. Però comunque il gruppo c’è, ci sono 5/6 giocatori base che è da tanti anni che siamo lì tra Europei e qualificazioni. Sappiamo tutti che giocare gli Europei piace molto di più perché c’è più visibilità rispetto alle qualificazioni, però c’è un gruppo che c’è sempre. Diamo il benvenuto a chiunque voglia venire, non ci sono problemi. Sento spesso polemiche ma noi in realtà siamo aperti a tutti e abbiamo ottimi rapporti con tutti. Faremo sicuramente una buona estate, all’Europeo non sarà facile però ce la giochiamo.
Il girone è abbastanza complicato, ma lo era anche due anni. C’è la Spagna, già battuta due anni fa e forse con Scariolo in panchina, c’è la Serbia, c’è la Turchia. Però questo gruppo sembra gradire le sfide difficili.
Sì come girone penso sia quello più difficile ma era così anche in Slovenia. C’erano la Russia, la Grecia, la Turchia, e l’Italia chiuse imbattuta. Poi se vuoi andare avanti le migliori le devi battere.
Tornando alle presenze, a chi ci sarà e chi no, l’anno scorso c’è stato il “caso Hackett”. Qualche mese fa sia tu che Datome siete intervenuti ribadendo che accettate le sue scuse.
Sì eravamo intervenuti perché c’era stata la polemica che ci avessero messo in bocca le parole o ci avessero obbligato a dire quello che abbiamo detto, ma non è stato così. Né io né Gigi né tutti gli altri ci facciamo mettere in testa quello che dobbiamo dire. Ognuno è libero di dire quello che vuole come è libero di non venire in Nazionale. Nessuno è obbligato. Per quello che è successo a Daniel sono stati i modi sbagliati perché nessuno è obbligato a venire in Nazionale se non sta bene. Però è un discorso passato e penso che lui abbia capito l’errore. Poi lui è un amico, sia mio che di tutti, quindi abbiamo azzerato tutto e si riparte.
Ultima domanda. La stagione qui è quasi terminata, manca poco alla matematica salvezza. Dopo cosa ti aspetti? Come evolverà la tua carriera dopo questa prima stagione all’estero?
Come ti ho detto prima penso che la mia stagione sia stata positiva. Adesso siamo salvi al 99% ma mancano alcune partite. Abbiamo battuto Obradoiro nell’ultimo turno casalingo quindi direi che siamo praticamente salvi. Per quanto riguarda me la mia voglia è quella di continuare all’estero l’anno prossimo, specialmente in Spagna. Mi sono trovato bene, il campionato è di alto livello e ci sono tante belle realtà. Quindi vedremo. Sicuramente mi attende una bella estate e poi vedremo cosa succederà.
Intervista di Alessandro Tarallo