Il giocosport nella Scuola Primaria
A cura del Prof. Maurizio Mondoni, docente di scienze motorie presso l'Università Cattolica
Il giocosport Pallacanestro, o Minibasket come lo si vuole chiamare, è una disciplina sportiva che sviluppa le sue tematiche di gioco sia su piani orizzontali (corse, palleggi, passaggi), che su piani verticali (tiri, rimbalzi, contrasti aerei), è un gioco di situazione, con la palla, simmetrico, aciclico, di tipo aerobico-anaerobico alternato.
La tecnica deve andare di pari passo con lo sviluppo delle capacità motorie.
Coinvolge l’abilità nel correre senza palla, nel palleggiare, nel passare, nel ricevere, nel saltare: movimenti questi, tutti molto complessi, che non devono essere insegnati solo tecnicamente, attraverso la ripetizione continua degli stessi, ma supportati da punto di vista motorio (educazione e sviluppo delle capacità senso-percettive, delle capacità ed abilità motorie).
Il bambino deve APPRENDERE il gesto o il movimento vedendolo (83%), ascoltando ciò che dice l’Istruttore (13%) ed eseguirlo (1%), comunque non si può parlare di perfezionamento tecnico, fino a quando il sistema motorio non è formato, dopodiché è possibile perfezionarlo (dalla strutturazione e dalla conoscenza del proprio corpo, fino all’automatizzazione del gesto o del movimento), tenendo presente che già dalla prima fase di formazione inizia il perfezionamento.
La formazione del sistema motorio passa attraverso le seguenti tappe:
conoscenza del movimento;
osservazione del movimento;
percezione del movimento;
possesso del movimento;
perfezionamento del movimento (per raggiungere la “maestria”).
Quest’ultima fase avviene per fasi:
il bambino impara ad eseguire (non economicamente) il gesto;
il bambino esegue il gesto economicamente;
il bambino esegue il gesto in modo raffinato.
Il fondamento per raggiungere una grande abilità motoria nel Minibasket (abilità nel palleggiare, nel tirare, nel passare e ricevere, nello smarcarsi per ricevere la palla, nel muoversi in difesa), deriva sia dalla tecnica esecutiva dei fondamentali di gioco, che dall’educazione e dallo sviluppo delle capacità motorie, che permettono al bambino di trasformare progressivamente gli schemi motori di base (correre, saltare, lanciare, ricevere, etc.) in abilità motorie specifiche (correre, cambiare di velocità, senso, direzione, mano, scivolare, palleggiare, tirare, passare)
L’Istruttore deve conoscere bene i fondamentali cestistici che deve insegnare, ma deve altresì conoscere bene i bambini (6-11 anni) nei vari aspetti (cognitivo, sociale, emotivo, affettivo, fisiologico, motorio) e i differenti metodi di insegnamento in relazione alle diverse età.
Il tipo di sforzo a cui è sottoposto un bambino che gioca a Minibasket, è di tipo aerobico-anaerobico alternato.
Il bambino che gioca una partita di Minibasket (capacità di gioco), corre, salta, lancia, riceve la palla e tutto ciò implica un coinvolgimento delle capacità di forza (forza rapida), di resistenza, di rapidità (di reazione, di esecuzione e frequenza dei movimenti), di mobilità articolare (no allo stretching), di coordinazione, di equilibrio, di orientamento nello spazio e nel tempo, di ritmo, di anticipazione e dl scelta.
Si possono ottenere subito grandi risultati e miglioramenti se si anticipano i tempi di sviluppo delle capacità motorie, ma poi quando sarà il tempo giusto (fasi sensibili) di sviluppo, non si otterranno più significativi miglioramenti.
Non è sufficiente che un bambino corra bene se non è resistente, che salti tecnicamente bene se non è forte nel saltare (forza di salto), che tiri bene o passi bene la palla se non è forte nel lanciare (forza di lancio), che esegua bene un movimento se non è rapido nel battere l’avversario o nel non farsi battere (rapidità).
Come può tirare bene un bambino se non è mobile articolarmente a livello del cingolo scapolo-omerale, del gomito, del carpo e delle articolazioni interfalangee?
Se non possiede coordinazione, equilibrio, percezione della distanza, mira, precisione e concentrazione, come fa un bambino a tirare?
Anche se tira bene e non è capace di lanciare la palla da 4 metri di distanza dal canestro, non serve a molto. Nel tiro bisogna spingere con i piedi e non solo “tirare di spalla”; quindi bisogna lavorare sui propriocettori dei piedi (spingere verso il basso per ricevere una spinta verso l’alto); il tiro parte dai piedi e la palla si alza se si spinge i piedi. Il tiro deve essere rapido, eseguito al momento giusto e con la convinzione di “segnare”.
Nel tiro le resistenze da vincere sono il peso del pallone e il peso del proprio corpo, quindi, bisogna lavorare a carico naturale e non con carichi eccessivi. Come ben sappiamo il bambino o tira a due mani o in elevazione o in terzo tempo e allora deve anche essere capace di saltare in lungo e in alto.
La palla si “tratta” con le dita e se non si lavora bene sui propriocettori delle dita non si raggiunge una buona sensibilità (le mani sono la lingua del giocatore che parla con la palla). E’ importante lavorare molto sul ball-handling all’inizio della lezione.
Nel palleggio vale lo stesso discorso. Il bambino abusa spesso del palleggio e lo impara correndo e palleggiando, non palleggiando da fermo (giocare a palleggiare in avanti, indietro, a dx e a sx). Deve essere mobile a livello del cingolo scapolo-omerale, del gomito, del carpo, delle dita, del rachide (non bisogna palleggiare ritti), della coxo-femorale, del ginocchio, del tarso. Palleggiando bisogna possedere una forza-rapida di spinta verso il basso del pallone, equilibrio e coordinazione, ritmo, capacità di trasformazione in relazione alle diverse situazioni che si verificano durante il gioco (rapidità di reazione, di esecuzione e frequenza dei movimenti).
Non bisogna dimenticarsi del rapporto spazio-tempo durante il gioco (lunghezza e larghezza del campo, 3″- 5″) e della possibilità di interrompere il palleggio (arresto e tiro, arresto e passaggio, passaggio, arresto un passo e tiro). Grande importanza rivestono le fasi di contrazione e rilasciamento sia nel tiro, che nel passaggio e nel palleggio, varia l’intensità della stimolazione nervosa e i muscoli che intervengono nelle diverse situazioni.
E che dire nel cambio di mano (quando si deve fare e perché), del cambio di direzione, di senso, di velocità, della virata!
Quindi, grande capacità di trasformazione del gesto, di ritmo, di anticipazione e di scelta: il tutto economicamente e sinergicamente.
Il lavoro dell’Istruttore non deve essere solo esaminato dal punto di vista tecnico, ma supportato da un corretto lavoro di educazione e sviluppo delle capacità motorie.
Per quanto riguarda il passaggio, il bambino non è capace di passare la palla a 5-6 metri, se non ha educato e sviluppato la forza di lanci (la resistenza da vincere è il peso della palla).
Non interessa che il gesto venga eseguito tecnicamente bene se la palla non arriva al compagno (è meglio ed è più veloce un passaggio che tre o quattro palleggi).
E’ meglio passare la palla in avanti ad un compagno smarcato che palleggiare. Il passaggio è la traslocazione della palla da un attaccante ad un compagno, cercando di fargliela pervenire nel modo più veloce possibile (velocità di esecuzione), preciso (mira), coordinato e in equilibrio.
La palla deve essere passata ad un compagno che si smarca (cambio di direzione, di senso, di velocità), tenendo conto della distanza (spazio) e del tempo. Per poter passare bene la palla al compagno, bisogna possedere una grande mobilità articolare a livello del rachide, del cingolo scapolo-omerale, del gomito, del carpo e delle interfalangee, una grande coordinazione tra gli arti superiori, il busto e gli arti inferiori.
La velocità di esecuzione in un passaggio (ma anche nel palleggio e nel tiro), dipende molto dal grado di mobilità articolare, dalla forza di lancio degli arti superiori e dall’equilibrio del corpo.
Il bambino trova molte difficoltà nel passare la palla in movimento (propria velocità, velocità del compagno che deve ricevere la palla, velocità di arrivo della palla), preferisce il passaggio da fermo; incontra difficoltà nel cambiare il tipo di passaggio da effettuare durante il gioco (capacità di adattamento e di trasformazione).
Nel passaggio abbiamo due momenti (chi passa e chi riceve) e chi riceve deve percepire da che distanza arriva la palla, a quale velocità, che movimenti deve compiere per riceverla correttamente (spazio-tempo).
Giocando, il bambino deve correre (forza di spinta degli arti inferiori e velocità di esecuzione), cambiare di velocità, di direzione, di senso), ma la sua non deve essere una corsa del velocista, ma deve saperla interrompere al momento giusto per eseguire un altro movimento e deve fare tutto ciò con grande tempismo e il bambino spesso non è in grado di fare tutto ciò, quindi deve essere educato in tal senso.
Deve possedere un buon controllo del proprio corpo, deve essere in equilibrio, deve essere rapido, tempista, capacità queste che devono essere educate e sviluppate al momento giusto.
Dopo aver analizzato tutti i movimenti di attacco (palleggio, tiro, passaggio, movimenti in attacco per smarcarsi), soffermiamoci sull’azione di rimbalzo. Per conquistare un rimbalzo (sia in attacco che in difesa) il bambino deve saper saltare bene (su due ed una gamba), al momento giusto e prendere saldamente la palla.
In palestra l’Istruttore deve proporre tutti gli esercizi di salto, saltelli (no i salti in basso ripetuti, no pliometria), a carico naturale (in alto, in lungo, triplo), con la funicella (coordinazione ed equilibrio).
Giocare con lo spazio, con il tempo, con il proprio corpo, giocare a palleggiare, tirare, a passare e a ricevere, a correre, a saltare, sottoforma di gare, giochi, staffette, circuiti, situazioni di 1 c 1 con e senza palla: questi sono gli obiettivi da raggiungere!.
I bambini devono apprendere giocando, non attraverso l’automatizzazione dei gesti (e relative continue correzioni).
E la difesa?
Sarebbe molto meglio che la difesa fosse presentata sotto forma di “attaccare l’attaccante”, per metterlo in difficoltà o per portargli via la palla, oppure difendere la palla se ne abbiamo il possesso.
Per quanto riguarda la difesa, è inutile fare eseguire ai bambini gli scivolamenti difensivi, è molto meglio farli giocare 1 c 1 (con senza palla) e tutto ciò richiede forza, resistenza, coordinazione, equilibrio, strutturazione spazio-tempo, rapidità, visione periferica, combattività.
Non sì può difendere bene se non si sa correre, saltare, muovere arti inferiori e superiori in modo dissociato, se non si è in equilibrio, coordinati, lateralizzati, se non si possiede una buona capacità di anticipazione e di scelta.
E la mobilità articolare dove la mettiamo?
Tutti i fondamentali cestistici hanno come presupposto la flessibilità articolare, base di ogni movimento o gesto (ball-handling sotto forma di gioco e di gara contro il tempo).
Conclusioni
Nel Minibasket è importante insegnare i fondamentali di gioco partendo da una situazione globale (1 c 1, 2 c 2, 3 c 3, 5 c 5), osservare il gioco ed estrapolare ciò che deve essere perfezionato, per poi ritornare alla situazione globale (metodo globale-analitico-globale).
Per poter fare questo, è importante che il bambino venga messo in grado di conoscere il proprio corpo, lo spazio, il tempo, le regole, il regolamento, i compagni, gli avversari (educazione e sviluppo delle capacità senso-percettive, degli schemi motori, delle capacità ed abilità motorie).
Dai 6 agli 11 anni, bisogna sviluppare le capacità coordinative, la mobilità articolare, strutturare le capacità condizionali, rispettare le diverse fasi dell’apprendimento e non pretendere prima del tempo la perfetta esecuzione di un gesto o di un movimento.
Non si devono costruire bambini robot o automi, ma persone pensanti, creative, che possano sbagliare, che possano perfezionare in modo progressivo la loro capacità di gioco.
Da tutto ciò, si rileva che un’educazione multilaterale in età precoce favorisce l’acquisizione di tecniche sportive corrette, l’importante è non tecnicizzare troppo precocemente!
La tecnica deve andare di pari passo con lo sviluppo delle capacità motorie.
Coinvolge l’abilità nel correre senza palla, nel palleggiare, nel passare, nel ricevere, nel saltare: movimenti questi, tutti molto complessi, che non devono essere insegnati solo tecnicamente, attraverso la ripetizione continua degli stessi, ma supportati da punto di vista motorio (educazione e sviluppo delle capacità senso-percettive, delle capacità ed abilità motorie).
Il bambino deve APPRENDERE il gesto o il movimento vedendolo (83%), ascoltando ciò che dice l’Istruttore (13%) ed eseguirlo (1%), comunque non si può parlare di perfezionamento tecnico, fino a quando il sistema motorio non è formato, dopodiché è possibile perfezionarlo (dalla strutturazione e dalla conoscenza del proprio corpo, fino all’automatizzazione del gesto o del movimento), tenendo presente che già dalla prima fase di formazione inizia il perfezionamento.
La formazione del sistema motorio passa attraverso le seguenti tappe:
conoscenza del movimento;
osservazione del movimento;
percezione del movimento;
possesso del movimento;
perfezionamento del movimento (per raggiungere la “maestria”).
Quest’ultima fase avviene per fasi:
il bambino impara ad eseguire (non economicamente) il gesto;
il bambino esegue il gesto economicamente;
il bambino esegue il gesto in modo raffinato.
Il fondamento per raggiungere una grande abilità motoria nel Minibasket (abilità nel palleggiare, nel tirare, nel passare e ricevere, nello smarcarsi per ricevere la palla, nel muoversi in difesa), deriva sia dalla tecnica esecutiva dei fondamentali di gioco, che dall’educazione e dallo sviluppo delle capacità motorie, che permettono al bambino di trasformare progressivamente gli schemi motori di base (correre, saltare, lanciare, ricevere, etc.) in abilità motorie specifiche (correre, cambiare di velocità, senso, direzione, mano, scivolare, palleggiare, tirare, passare)
L’Istruttore deve conoscere bene i fondamentali cestistici che deve insegnare, ma deve altresì conoscere bene i bambini (6-11 anni) nei vari aspetti (cognitivo, sociale, emotivo, affettivo, fisiologico, motorio) e i differenti metodi di insegnamento in relazione alle diverse età.
Il tipo di sforzo a cui è sottoposto un bambino che gioca a Minibasket, è di tipo aerobico-anaerobico alternato.
Il bambino che gioca una partita di Minibasket (capacità di gioco), corre, salta, lancia, riceve la palla e tutto ciò implica un coinvolgimento delle capacità di forza (forza rapida), di resistenza, di rapidità (di reazione, di esecuzione e frequenza dei movimenti), di mobilità articolare (no allo stretching), di coordinazione, di equilibrio, di orientamento nello spazio e nel tempo, di ritmo, di anticipazione e dl scelta.
Si possono ottenere subito grandi risultati e miglioramenti se si anticipano i tempi di sviluppo delle capacità motorie, ma poi quando sarà il tempo giusto (fasi sensibili) di sviluppo, non si otterranno più significativi miglioramenti.
Non è sufficiente che un bambino corra bene se non è resistente, che salti tecnicamente bene se non è forte nel saltare (forza di salto), che tiri bene o passi bene la palla se non è forte nel lanciare (forza di lancio), che esegua bene un movimento se non è rapido nel battere l’avversario o nel non farsi battere (rapidità).
Come può tirare bene un bambino se non è mobile articolarmente a livello del cingolo scapolo-omerale, del gomito, del carpo e delle articolazioni interfalangee?
Se non possiede coordinazione, equilibrio, percezione della distanza, mira, precisione e concentrazione, come fa un bambino a tirare?
Anche se tira bene e non è capace di lanciare la palla da 4 metri di distanza dal canestro, non serve a molto. Nel tiro bisogna spingere con i piedi e non solo “tirare di spalla”; quindi bisogna lavorare sui propriocettori dei piedi (spingere verso il basso per ricevere una spinta verso l’alto); il tiro parte dai piedi e la palla si alza se si spinge i piedi. Il tiro deve essere rapido, eseguito al momento giusto e con la convinzione di “segnare”.
Nel tiro le resistenze da vincere sono il peso del pallone e il peso del proprio corpo, quindi, bisogna lavorare a carico naturale e non con carichi eccessivi. Come ben sappiamo il bambino o tira a due mani o in elevazione o in terzo tempo e allora deve anche essere capace di saltare in lungo e in alto.
La palla si “tratta” con le dita e se non si lavora bene sui propriocettori delle dita non si raggiunge una buona sensibilità (le mani sono la lingua del giocatore che parla con la palla). E’ importante lavorare molto sul ball-handling all’inizio della lezione.
Nel palleggio vale lo stesso discorso. Il bambino abusa spesso del palleggio e lo impara correndo e palleggiando, non palleggiando da fermo (giocare a palleggiare in avanti, indietro, a dx e a sx). Deve essere mobile a livello del cingolo scapolo-omerale, del gomito, del carpo, delle dita, del rachide (non bisogna palleggiare ritti), della coxo-femorale, del ginocchio, del tarso. Palleggiando bisogna possedere una forza-rapida di spinta verso il basso del pallone, equilibrio e coordinazione, ritmo, capacità di trasformazione in relazione alle diverse situazioni che si verificano durante il gioco (rapidità di reazione, di esecuzione e frequenza dei movimenti).
Non bisogna dimenticarsi del rapporto spazio-tempo durante il gioco (lunghezza e larghezza del campo, 3″- 5″) e della possibilità di interrompere il palleggio (arresto e tiro, arresto e passaggio, passaggio, arresto un passo e tiro). Grande importanza rivestono le fasi di contrazione e rilasciamento sia nel tiro, che nel passaggio e nel palleggio, varia l’intensità della stimolazione nervosa e i muscoli che intervengono nelle diverse situazioni.
E che dire nel cambio di mano (quando si deve fare e perché), del cambio di direzione, di senso, di velocità, della virata!
Quindi, grande capacità di trasformazione del gesto, di ritmo, di anticipazione e di scelta: il tutto economicamente e sinergicamente.
Il lavoro dell’Istruttore non deve essere solo esaminato dal punto di vista tecnico, ma supportato da un corretto lavoro di educazione e sviluppo delle capacità motorie.
Per quanto riguarda il passaggio, il bambino non è capace di passare la palla a 5-6 metri, se non ha educato e sviluppato la forza di lanci (la resistenza da vincere è il peso della palla).
Non interessa che il gesto venga eseguito tecnicamente bene se la palla non arriva al compagno (è meglio ed è più veloce un passaggio che tre o quattro palleggi).
E’ meglio passare la palla in avanti ad un compagno smarcato che palleggiare. Il passaggio è la traslocazione della palla da un attaccante ad un compagno, cercando di fargliela pervenire nel modo più veloce possibile (velocità di esecuzione), preciso (mira), coordinato e in equilibrio.
La palla deve essere passata ad un compagno che si smarca (cambio di direzione, di senso, di velocità), tenendo conto della distanza (spazio) e del tempo. Per poter passare bene la palla al compagno, bisogna possedere una grande mobilità articolare a livello del rachide, del cingolo scapolo-omerale, del gomito, del carpo e delle interfalangee, una grande coordinazione tra gli arti superiori, il busto e gli arti inferiori.
La velocità di esecuzione in un passaggio (ma anche nel palleggio e nel tiro), dipende molto dal grado di mobilità articolare, dalla forza di lancio degli arti superiori e dall’equilibrio del corpo.
Il bambino trova molte difficoltà nel passare la palla in movimento (propria velocità, velocità del compagno che deve ricevere la palla, velocità di arrivo della palla), preferisce il passaggio da fermo; incontra difficoltà nel cambiare il tipo di passaggio da effettuare durante il gioco (capacità di adattamento e di trasformazione).
Nel passaggio abbiamo due momenti (chi passa e chi riceve) e chi riceve deve percepire da che distanza arriva la palla, a quale velocità, che movimenti deve compiere per riceverla correttamente (spazio-tempo).
Giocando, il bambino deve correre (forza di spinta degli arti inferiori e velocità di esecuzione), cambiare di velocità, di direzione, di senso), ma la sua non deve essere una corsa del velocista, ma deve saperla interrompere al momento giusto per eseguire un altro movimento e deve fare tutto ciò con grande tempismo e il bambino spesso non è in grado di fare tutto ciò, quindi deve essere educato in tal senso.
Deve possedere un buon controllo del proprio corpo, deve essere in equilibrio, deve essere rapido, tempista, capacità queste che devono essere educate e sviluppate al momento giusto.
Dopo aver analizzato tutti i movimenti di attacco (palleggio, tiro, passaggio, movimenti in attacco per smarcarsi), soffermiamoci sull’azione di rimbalzo. Per conquistare un rimbalzo (sia in attacco che in difesa) il bambino deve saper saltare bene (su due ed una gamba), al momento giusto e prendere saldamente la palla.
In palestra l’Istruttore deve proporre tutti gli esercizi di salto, saltelli (no i salti in basso ripetuti, no pliometria), a carico naturale (in alto, in lungo, triplo), con la funicella (coordinazione ed equilibrio).
Giocare con lo spazio, con il tempo, con il proprio corpo, giocare a palleggiare, tirare, a passare e a ricevere, a correre, a saltare, sottoforma di gare, giochi, staffette, circuiti, situazioni di 1 c 1 con e senza palla: questi sono gli obiettivi da raggiungere!.
I bambini devono apprendere giocando, non attraverso l’automatizzazione dei gesti (e relative continue correzioni).
E la difesa?
Sarebbe molto meglio che la difesa fosse presentata sotto forma di “attaccare l’attaccante”, per metterlo in difficoltà o per portargli via la palla, oppure difendere la palla se ne abbiamo il possesso.
Per quanto riguarda la difesa, è inutile fare eseguire ai bambini gli scivolamenti difensivi, è molto meglio farli giocare 1 c 1 (con senza palla) e tutto ciò richiede forza, resistenza, coordinazione, equilibrio, strutturazione spazio-tempo, rapidità, visione periferica, combattività.
Non sì può difendere bene se non si sa correre, saltare, muovere arti inferiori e superiori in modo dissociato, se non si è in equilibrio, coordinati, lateralizzati, se non si possiede una buona capacità di anticipazione e di scelta.
E la mobilità articolare dove la mettiamo?
Tutti i fondamentali cestistici hanno come presupposto la flessibilità articolare, base di ogni movimento o gesto (ball-handling sotto forma di gioco e di gara contro il tempo).
Conclusioni
Nel Minibasket è importante insegnare i fondamentali di gioco partendo da una situazione globale (1 c 1, 2 c 2, 3 c 3, 5 c 5), osservare il gioco ed estrapolare ciò che deve essere perfezionato, per poi ritornare alla situazione globale (metodo globale-analitico-globale).
Per poter fare questo, è importante che il bambino venga messo in grado di conoscere il proprio corpo, lo spazio, il tempo, le regole, il regolamento, i compagni, gli avversari (educazione e sviluppo delle capacità senso-percettive, degli schemi motori, delle capacità ed abilità motorie).
Dai 6 agli 11 anni, bisogna sviluppare le capacità coordinative, la mobilità articolare, strutturare le capacità condizionali, rispettare le diverse fasi dell’apprendimento e non pretendere prima del tempo la perfetta esecuzione di un gesto o di un movimento.
Non si devono costruire bambini robot o automi, ma persone pensanti, creative, che possano sbagliare, che possano perfezionare in modo progressivo la loro capacità di gioco.
Da tutto ciò, si rileva che un’educazione multilaterale in età precoce favorisce l’acquisizione di tecniche sportive corrette, l’importante è non tecnicizzare troppo precocemente!
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